La musica pop in Unione Sovietica #4 – Quella maialona di Donna Summer

Buongiorno a tutti. Siamo giunti al quarto e ultimo capitolo della mia breve escursione nei territori della musica pop in Unione Sovietica: se volete dare un’occhiata ai precedenti post, li potete trovare QUA, QUA e QUA.

In questa occasione, vi racconterò di divieti e permessi, di liste di artisti rock proibiti e di nomi graditi. E di chi, nonostante l’avversione del regime per il rock occidentale, riuscì “addirittura” a percorrere l’Unione Sovietica in tour! Seguitemi, si parte! Continua a leggere “La musica pop in Unione Sovietica #4 – Quella maialona di Donna Summer”

La musica pop in Unione Sovietica #3 – Tre dissidenti e un bastian contrario

Buongiorno a tutti. Siamo giunti al terzo capitolo della mia breve escursione nei territori della musica in Unione Sovietica: se volete dare un’occhiata ai precedenti post, li potete trovare QUA e QUA.

Oggi parleremo di quegli artisti russi che, osteggiati dal Regime, hanno saputo portare comunque avanti la loro voce, e trovare spesso un successo – per quanto sotterraneo – tutt’altro che secondario. E, anche, di un curioso bastian-contrarioMa andiamo avanti: si parte! E vestitevi con un bel (eco)-pellicciotto: la Siberia ci aspetta.

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La musica pop in Unione Sovietica #2 – Il rock ai Raggi X

Ciao a tutti. Continua, con questo post, la serie dedicata alla musica pop in Unione Sovietica: dopo la prima parte, incentrata sul Jazz e sul non-mercato musicale, oggi ci occupiamo della censura verso il rock, e dei metodi (a dir poco fantasiosi) usati dai più ribelli per aggirare i divieti. Leggete, ne troverete delle belle!

  • Censura, censura!

Per i ragazzi sovietici, imbrigliati dagli infiniti lacci ideologici imposti dal Cremlino, interessarsi di musica occidentale è una cosa non solo difficile, ma spesso impossibile: nulla deve trapelare dei modelli di vita capitalistici, e soprattutto di una cosa così libertaria e alternativa come il rock… Anche a costo di usare il KGB!

Pare, infatti, che a Marzo 1959, proprio mentre Elvis Presley è in Germania per la leva militare, il servizio segreto moscovita tenti di incaricare (senza successo, ovviamente) un agente segreto di Berlino Est per uccidere il Re del Rock’n’roll, con lo scopo di mettere a scompiglio l’esercito statunitense, stanziato nell’allora Germania Ovest.

Ma questa non è, per fortuna, l’unica strada! Vuoi mettere la cara, vecchia, censura? I Beatles, inizialmente trattati come un curioso ma irrilevante fenomeno di costume, presto acquistano una carica sovversiva tale da mettere in allarme la Segreteria del Partito: scatta immediatamente la contropropaganda e la censura. Verso loro, e le altre rock band, escluse tassativamente dai circuiti ufficiali: oggi, domani e dopodomani. Continua a leggere “La musica pop in Unione Sovietica #2 – Il rock ai Raggi X”

La musica pop in Unione Sovietica #1 – Fra Jazz, impicci ideologici e Celentano

Buongiorno a tutti. Inizio oggi una breve serie dedicata alla storia della canzone in Unione Sovietica… E no, non perché voglia “pareggiare ideologicamente” la serie sulla musica durante il fascismo: è perché l’argomento di come le dittature temano le espressioni artistiche è sempre interessante, almeno per me, e dice molto delle piccole e grandi follie di cui è capace l’uomo; e, anche, di come lo stesso uomo riesca a sopravvivere, e a farsene beffe.

Rispetto a quanto avviene in Italia, il regime dittatoriale in Unione Sovietica investe un periodo temporale ben più ampio: da noi, una ventina d’anni; a Mosca, una settantina buona. Va da sé che, volendo rimanere nell’ambito di una chiacchierata generalista, debba cercare di asciugare un po’ il succo, senza sbrodolare troppo… Ci provo, poi mi direte come è andata, ok?

  • Una questione di idee

Diversamente dalle “concorrenti” dittature fasciste e naziste, nella canzone in Unione Sovietica l’aspetto xenofobo o razziale è praticamente estraneo da qualunque discussione di opportunità espressiva: tutto si misura nel conformismo ideologico ai principi guida del Soviet. Se, secondo i censori, un genere musicale o una canzone confermano – o non mettono in discussione – le idee comuniste, bene; ma guai se provano a diffondere i perniciosi “valori borghesi e capitalisti”, o a criticare le decisioni del Cremlino! Sembra facile, no? Eppure no, non lo è per nulla!  Continua a leggere “La musica pop in Unione Sovietica #1 – Fra Jazz, impicci ideologici e Celentano”

Le Canzoni della Fronda: la sottile arte della presa in giro del Potere

Ciao a tutti. Con questo post, concludo la trilogia dedicata alla canzone durante il Fascismo: dopo la parte incentrata sui rapporti con la musica estera, e quella sulle canzoni di propaganda, ora mi occupo delle cosiddette “Canzoni della Fronda“. Si tratta di brani che, apparentemente leggeri e disimpegnati, in realtà nascondono (o potrebbero nascondere) una presa in giro del Regime, delle sue azioni e dei suoi luogotenenti. Continua a leggere “Le Canzoni della Fronda: la sottile arte della presa in giro del Potere”

La canzone durante il Fascismo: fra xenofobia e ridicolo involontario

Oggi vi parlo della canzone durante il Fascismo: e chi pensa che questo post, in 3 parti, sia ispirato dalle ultime uscite governative in tema di parole italiane vs parole straniere, e del sibilante ostracismo culturale emerso durante la Guerra in Ucraina… ha ragione.

  • Fra PNF e EIAR

Il Fascismo prende il potere nel 1922: nel 1924 iniziano, a Torino, le trasmissioni radio, sotto l’egida dell’URI, che dopo 3 anni si trasforma nell’EIAR, l’antenata della più recente RAI, e che dipende direttamente dal Ministero per la Cultura Popolare (il famoso “minculpop”… che già iniziando con “mincul” qualcosa lascia a intendere…). Gli abbonati radio crescono lentamente, ma con  costanza: tanto che, dagli iniziali cinquantamila, alle soglie della Seconda Guerra Mondiale si arriva al milione.

Impossibile, per il Partito Nazionale Fascista, ignorare l’importanza – politica e “filosofica” – di un media tanto diffuso e permeabile: la musica e la canzone, durante il Fascismo, sono presto messe nel mirino del Ministero, che intende usarle per diffondere e rafforzare l’ideologia nera. Largo spazio, quindi, alla melodia italiana e a brani che promuovono valori tradizionali e piccolo-borghesi come la famiglia, la casetta per i futuri sposi, la patria, lo stipendio sicuro, la “sana” vita agreste, e l’immancabile mamma.

Nel 1929 l’Arma dei Carabinieri promulga una sorta di “libro nero” delle canzoni non gradite: inni libertari, come “La Marsigliese”, canti anarchici e socialisti, e ballate anti-patriottiche. E non è che l’inizio. Continua a leggere “La canzone durante il Fascismo: fra xenofobia e ridicolo involontario”