Siete un pubblico di merda!
“È ora di finirla con la musica fatta solo da chi sa suonare, è ora di suonare senza sapere suonare, continuando a suonare senza, per carità, imparare a suonare” (Freak Antoni)
E beh, come dichiarazione d’intenti è di quelle belle chiare: un “anyone can do it” alla massima potenza, vero, e orbo delle volpate modaiole di Malcolm McLaren. Perché, quando gli Skiantos se ne escono con quest’annuncio memorabile, mica siamo a Londra, capitale delle spille da balia e delle magliette strappate vendute a prezzi da Carnaby Street: ma a Bologna, città quanto mai solida e di buon senso, ma sempre attraversata da una vena di irriverente e vulcanica follia.
I compari (ma non “compagni”) Freak Antoni, Jimmy Bellafronte e Dandy Bestia, nel ‘78 sganciano nei negozi una bomba sotto forma di vinile: “MONO tono“, disco definito da loro stessi di “rock demenziale” e che (qualcuno se ne faccia una ragione), è fra le cose più intelligenti e geniali di sempre, e un disco sicuramente seminale. Una presa di posizione beffarda e ironica dal chiaro significato politico: ma che con “Tribuna Elettorale”, le sezioni dei partiti e il “turarsi il naso” di montanelliana memoria ha nulla a che fare… Più che turarsi il naso, secondo gli Skiantos occorre vomitare sarcasmo e scardinare il buonsenso: e, forse non a caso, le prime copie del vinile sono stampate in un inquietante “color giallo vomito” [1].
Un dialogo deformato dall’inalazione di elio, nel tipico slang dei giovani dell’epoca («Sei fatto come un copertone! Sbarbi, sono in para dura! Schiodiamoci! Ma che viaggio ti fai?»), introduce al primo brano, “Eptadone”: tre accordi, voce sgraziata, qualità sonora latitante, testo paradossale: una botta di pura energia in due minuti scarsi. “Panka Rock”, con la vocina petulante che incita “brucia le banche, calpesta le piante”, è forse una delle prese in giro più corrosive mai tentate verso gli Autonomi e gli engagé in barca col papi. E il meglio deve ancora venire: i goliardici e irrispettosi “omaggi” alla tradizione rock (“Pesto duro”, insospettabile cover di “Satisfaction”), e a quella melodica (“Bau bau baby”); l’incongruo ma irresistibile accostamento di punk-blues e di cha cha cha di “Diventa demente (La kultura poi ti cura)”; il ritornello da osteria di “Io ti amo da matti (Sesso & karnazza)”.
Il paradigma del disco è tutto nella sequenza conclusiva: se “Largo all’avanguardia”, col suo andamento sporco, il canto sguaiato e il testo – fra futurismo, adorabili trivialità e insulti al pubblico beota (“Largo all’avanguardia, siete un pubblico di merda, tu gli dai la stessa storia tanto lui non c’ha memoria“) – è un’abrasiva dichiarazione d’intenti “politica”, la seguente e conclusiva (nonché brevissima) “Ehi, ehi, ma che piedi che c’hai” respinge ogni serio tentativo di classificazione ideologica, per restituire tutto al più puro e genuino spirito dada.
Grezzi? Sicuramente. Demenziali? Certo! Disimpegnati? Non direi. Al di là, infatti, d’alcuni vezzi figli dell’epoca (l’onnipresente lettera “k”, usata come simbolo di opposizione), il vero “impegno” degli Skiantos sta nell’opporre ai consunti schemi lirici, ideologici e musicali del pop italiano un deflagrante mix, per dirla con Antoni, “surreale ma anche banale e non intellettuale […] Assurdo e bizzarro insieme, non eroico, non retorico, non modaiolo, non istituzionale; un cocktail di pseudofuturismo, dada, goliardia (le verdure marce tirate alla platea, le uova fritte sul palco [ndr]), improvvisazione, provocazione con ironia d’avanspettacolo, poesia surreale soprattutto cretina”.
E tutto, e sempre, contro la retorica delle istituzioni, dei benpensanti e delle paranoie del tempo: “sono andato alla stazione, ho cercato l’eptadone poi m’ha preso l’emozione”; “se tu bruci una banca il direttore poi si sbianca”; “la cultura poi ti cura, con premura”, “io sono uno skianto, io mi drogo quel tanto per campare contento”; “compran tutti i cantautori quando voglion fare i cori che profumano di fiori”; “Io sono un Autonomo mi sento un po’ scomodo“.
I Sex Pistols italiani? No, certo che no… Ma non perché la band di Sid Vicious sia “meglio” di quella di Freak Antoni: ma perché si tratta di oggetti e contesti troppo distanti. Che, però, gli Skiantos siano un gruppo autenticamente anarco-freak-punk è sicuro: perché il loro atteggiamento, che preferisce la risata demente al discorso “impegnato”, è quanto di più vicino allo spirito zappiano e al sound punkettaro che l’Italia – seppur in “salsa bolognese” – abbia mai espresso.
La ristampa su cd (2003) offre altri bonus: due brani apparsi in precedenza solo su 45 giri (“Karabigniere blues” / “Io sono un autonomo”: eh sì, siamo proprio in pieni anni 70), tre inediti assoluti (provini del 1978), e una traccia rom multimediale, con articoli d’epoca, foto, scalette di studio e curiosità assortite.
Come bonus track mie, invece, suggerisco di approfondire l’Antoni-pensiero con la lettura del suo “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti (Seguirà il dibattito)”, e segnalo un link abbastanza evidente: il dialogo giovanilistico che apre il disco (“C’ho delle storie ragazzi, c’ho delle storie pese”) è stato la mai dichiarata (ma nemmeno smentita) ispirazione per la ragione sociale degli Elii. Dopo anni di piccole faide e antipatiche schermaglie, nel 2003 i due gruppi si sono riconciliati con uno spassoso concerto congiunto. Ma l’ultima, ulcerante, schizzata di veleno è toccata a Freak Antoni: “Loro sapevano suonare e hanno riempito la loro musica con degli spunti umoristici, noi siamo partiti suonando molto peggio ma con delle idee, riempiendo le idee con la musica”. E mi sa che sono d’accordo.
R.I.P., Freak Antoni: e, dovunque tu sia, PESTA DURO!
[1] L’immagine di copertina è un fotogramma tratto dal film “Gorgo” (1961)
Skiantos – “MONO tono” (studio album)
Pubblicazione: 1978 – Cramps Records
Ristampa: 2003 – Latlantide/Skiantos
Tracklist
- Eptadone – 2:26
- Panka rock – 1:44
- Pesto duro (I Kunt Get no SatisFucktion) – 2:48
- Diventa demente (La kultura poi ti cura) – 4:55
- Io me la meno – 1:52
- Bau, Bau Baby – 2:13
- Io sono uno skianto – 3:23
- Io ti amo da matti (Sesso & Karnazza) – 4:09
- Vortice – 3:54
- Massacrami pure – 2:08
- Largo all’Avanguardia – 2:59
- Ehi, ehi, ma che piedi che c’hai – 1:02
- Karabigniere Blues – 3:29 (Bonus tracks edizione 2003)
- Io sono un Autonomo – 3:20 (Bonus tracks edizione 2003)
- Fate skifo (demo 1978) – 0:27 (Bonus tracks edizione 2003)
- Skarrafato (demo 1978) – 3:09 (Bonus tracks edizione 2003)
- Frontale diretto (demo 1978) – 3:28 (Bonus tracks edizione 2003)
- Rikordidistorti (Traccia Rom multimediale 2003)
Musicisti
- Roberto “Freak” Antoni – voce
- Andrea “Jimmy Bellafronte” Setti – voce
- Stefano “Sbarbo” Cavedoni – voce
- Fabio “Dandy Bestia” Testoni – chitarra elettrica (voce in “Ehi, ehi, ma che piedi che c’hai”)
- Andrea “Andy Bellombrosa” Dalla Valle – chitarra elettrica
- Franco “Frankie Grossolani” Villani – basso
- Leo “Tormento Pestoduro” Ghezzi – batteria
Un Grande.
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