“The Beatles – Get Back”: la miniserie tv #3

Spero che abbiamo superato l’audizione

Una famiglia allargata: questa l’impressione che mi ha accolto alle prime immagini della terza (e ultima) puntata del docu-musicale girato da Peter Jackson per Disney+, “The Beatles – Get Back“. Perché, a partire da domenica 26 Gennaio 1969, negli studi della Apple non entrano solo i Beatles e relativa gang, ma anche le famiglie. Oltre all’onnipresente Yoko ci sono Linda Eastman (la di lì a poco Lady McCartney), la figlia Heather, Pattie Harrison, Maureen StarkeyPaul prende sulle spalle Heather, Yoko e Linda canticchiano assieme, Heather si rotola per terra, gioca con John (“cuciniamo una torta ripiena di gatti“), urla: e tutto mentre le prove avanzano di gran carriera. Anche perché al concerto mancano 4 giorni!

Fra le canzoni qui testate e perfezionate troviamo brani famosi, come “Let it Be” (e John, che la odia cordialmente, non smette di sputare velenose frecciatine), la “Octopus’s Garden” di Ringo (che candidamente, dopo aver suonato i primi versi, ammette “non ho altro” 🙂 ), “The Long and Winding Road“, il capolavoro di Harrison Something“, “I Want You“, “Two of Us“, e la solita dose di cover rock’n’roll, divertite ed energiche.

Il concerto sul tetto (“Rooftop Concert“) è spostato di un giorno, causa maltempo: si terrà il 30. Ma mica ne sono ancora sicuri! Anzi, le ipotesi continuano: provati per bene ci sono solo 6 brani, per un album ce ne vorrebbero altri 7… “Perché, facciamo anche il disco? Con quali pezzi? Quando?“. Il problema è che Ringo a brevissimo deve iniziare le riprese del film “The Magic Christian”, a fianco di Peter Sellers, e il carrozzone dovrà comunque fermarsi.

Ed ecco, fra chiacchiere e chitarre arriva giovedì 30: qualche dubbio e poi via, si fa! Sul tetto del palazzo Apple i tecnici montano una piattaforma, strumenti e ampli, il regista piazza una decina di telecamere, e arrivano i quattro, con Billy Preston al piano elettrico: è mezzogiorno, lo show inizia, e Peter Jackson ci serve sul piatto il più hippie e funzionale degli split screen. I ragazzi sono caldi (nonostante l’aria fredda, che gela le dita di John), il pellicciotto di George sventola, e Paul è in gran forma, e il più contento di tutti. In strada, richiamato dal rumore, si forma un ingorgo: tanti sono contenti (compresi alcuni anziani “beat”), ma molti no, considerato che dopo 10 minuti i Bobby bussano alla porta della Apple. “La gente si lamenta, il rumore impedisce ogni commercio“, dicono: “Ma cazzo” – verrebbe voglia di ribattere – “è un evento storico, in un’ora finirà tutto, ma proprio tutto, non rompete le balle!“.

E invece no: l’efficienza britannica è inesorabile, e dopo una mezz’ora di cincischiamenti la polizia irrompe sul tetto. Il roadie Mal Evans stacca l’ampli di George, che scocciato si ribella e riaccende: Paul, improvvisando su “Get Back”, ironizza sulla situazione (“Siete andati ancora a suonare sul tetto, e questo non è bello, sapete che non fa piacere alla vostra mamma“), ma giusto il tempo di finire il pezzo e i quattro staccano, sotto minaccia di arresto. Una cinquantina di minuti in tutto. La parola finale spetta a John, che saluta il pubblico con la corrosiva “Vorrei ringraziare a nome del gruppo e di noi stessi e spero che abbiamo superato l’audizione“. 🙂

Tornano di sotto, gasatissimi, e subito ascoltano i nastri: le incisioni di “I’ve Got a Feeling“, “One After 909” e “Dig a Pony” saranno così buone che finiranno direttamente sull’album “Let it Be“… Che uscirà solo un anno dopo, a Maggio 1970, quando i Beatles avranno già ufficializzato il loro scioglimento. …Aspetta un attimo: come, scioglimento? Ma se sembrano così in sintonia!

E invece si: e, a ben vedere, i segnali ci sono stati tutti. L’abbandono temporaneo di George (vedi la prima puntata); la volontà, sempre di George, di fare un disco solista (farà poi addirittura un triplo); e l’indizio più forte di tutti, che però si nota appena. “Se in un racconto compare una pistola, bisogna che prima o poi spari”, diceva Cechov: e quando, approfittando dell’assenza di Paul, John afferma che il businessman Allen Klein è un genio, che devono a tutti i costi firmare per lui, che non ce n’è proprio, ecco che la pistola spunta fuori… Una pistola che sparerà molto presto: sarà proprio la questione “Klein sì/Klein no” a far scoppiare la bomba, un mesetto dopo. E, anche se avranno ancora forze e classe per sfornare un disco come “Abbey Road“, poi sarà tutto finito.

***

Questo per la terza parte. Ma che dire del prodotto, preso nel suo intero? Innanzitutto che il lavoro di Jackson e crew – durato ben 4 anni – è stato impressionante: il nitore delle immagini è da urlo, la qualità sonora alta, il montaggio intelligente, efficace e certosino. Poi: che vedere i Beatles in sala di incisione è un evento storico, quasi epocale sia per importanza che per rarità… Prima di questo documentario, il solo filmato dei Fab in studio – al netto del vecchio e parziale film “Let it Be” di Lindsay-Hogg – era il videoclip di “Hey Bulldog”. Per non parlare dell’emozione di assistere a puri momenti di creazione: succede con “Get Back” e con “Let it Be”, e fa venire i brividi.

E infine: per tutta la durata del film (quasi 8 ore!) ho sofferto e goduto, ho canticchiato e ho riso, ho disperato per la fuga di George e sorriso nel rivederli assieme, immaginando che la loro straordinaria storia di arte, ego, amicizia e denaro non finisse di lì a poco, ma durasse ancora un po’. E forse è questo il merito maggiore di una narrazione: aprire una sliding door nella storia, e per qualche minuto far intravedere un mondo altro, e forse migliore.

Ultimissima osservazione: a vederlo così, non si direbbe che Paul è in realtà un sosia, e che il vero McCartney è morto da tempo… Sì, perché anche questo si è detto 🙂 E ne parleremo in una prossima puntata dalla serie “Debunking“, dedicata proprio alla leggenda metropolitana “Paul Is Dead”.

Abbiamo parlato di:

  • The Beatles – Get Back – Pt. 3” (2021, UK/Nuova Zelanda/USA, 138 min)

Regia: Peter Jackson

Interpreti principali: John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr

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