Ciao a tutti. In questi giorni, fra sincera commozione e paraculate repellenti, chiacchiericci da bar e finissime analisi, l’argomento principale è la morte del Papa: e la nomina del nuovo, con un rito arcaico e arcano come il conclave capace di appassionare anche i non addetti ai lavori. Perché, come dice l’adagio, “Morto un Papa se ne fa un altro“: ma sarà poi vero? Certo, nessuno è insostituibile: ma mica sempre “un uomo vale un altro”!
Questo accade in tutte le cose umane: dal Papa al Presidente del Consiglio, dal capufficio al portinaio… e alla rockstar! E, con un’acrobazia che a qualcuno parrà blasfema, atterro su un terreno a me più congeniale: quei casi in cui, venuto meno il leader carismatico, la band ha deciso di sostituirlo con un altro. Per limitare il discorso, parlerò solo delle occasioni in cui la “venuta meno” è coincisa col decesso del protagonista, e non con un abbandono per liti, noia o disaccordo artistico. In parole povere: sarà vero che “Morta una rockstar, se ne fa un’altra”?
- The Doors. Lo sanno anche le pietre: Jim Morrison muore a Parigi nel 1971, seduto nella sua vasca da bagno. E qui finisce la storia dei Doors… per moltissimi, ma non per gli altri tre superstiti! Che, dopo pochi mesi, se ne escono con un nuovo disco, “Other Voices”: al microfono, il tastierista Manzarek e il chitarrista Krieger. Il risultato? Un vinile anemico, baciato da un paio di intuizioni felici e da un gran mestiere, ma veramente impossibile da definire “essenziale”. D’altronde Morrison non si può sostituire, in studio e sul palco: ma se questo tentativo (di cui ho parlato, molti anni fa, QUI, e limitato alla sala di incisione) è ancora accettabile, ben peggio faranno trent’anni dopo i soliti Krieger e Manzarek, con lo scombiccherato progetto di “The Doors of the 21st Century”, con alla voce (e, soprattutto, sulla ribalta…) l’ex Cult Ian Astbury. Eh no: drogato, ubriaco o incostante che fosse, Jim era di un altro livello.
- Queen. A una dozzina d’anni dalla dipartita dell’immenso Freddie Mercury, i sopravvissuti Brian May e Roger Taylor si imbarcano in tour con al microfono l’ottimo Paul Rodgers (ex Free e Bad Company): per pudore chiamano gli show “Queen + Paul Rodgers”… Così come faranno, nel 2012, con “Queen + Adam Lambert“, portando a bordo il quasi-vincitore di American Idol. Il risultato? Lesa maestà, si potrebbe dire, ironizzando sul nome “Queen”: concerti celebrativi, che – pur assecondati da voci tecnicamente pregevoli – non trasmettono un grammo della magia degli originali.
- AC/DC. Nel 1980, proprio quando la band australiana ha appena spiccato il volo verso la notorietà mondiale, il cantate Bon Scott viene trovato morto a bordo della Renault 5 di un amico, dopo un serata ad altissimo tasso alcolico. Scott è, oltre che un compagno, un amico: i fratelli Young, anche in suo omaggio, decidono di non mollare… Ma dove trovare un sostituto all’altezza? Dopo un paio di test insoddisfacenti, arriva la soluzione: un loro fan manda al manager una cassetta con un’incisione del britannico Brian Johnson, e scatta la scintilla. Brian è l’uomo giusto al posto giusto, con una grana vocale simile (ma non da parere un clone), una buona presenza scenica e una grande umiltà: e, dopo pochi mesi, arriva “Back in Black”, un disco di grande levatura e che conferma la bontà della scelta… Tanto che Brian, con tutti gli acciacchi del mondo, è ancora adesso in sella.
- Little Feat / Lynyrd Skynyrd / Allman Brothers Band. Metto assieme queste tre band per alcuni motivi: uno, l’appartenenza al genere Southern Rock; due, un talento creativo e una perizia strumentale più “democratica”, diffusa a tutti gli elementi del complesso; tre, pochissimi fenomeni di divismo incentrati sul frontman. Tutte e tre le band sono gravate, e proprio nel momento migliore della carriera, dalla morte improvvisa del leader: ma, proprio per i motivi sopra detti, anche dopo il tragico evento sono riuscite a sopravvivere senza sbandare troppo. Certo, con gli anni, e con l’età che avanza, questi gruppi sono ora diventati più simili a cover-band di lusso che ad altro; ma per parecchio tempo le forze creative dei superstiti sono state così forti da mantenere la barra dritta, con dischi di ottima fattura, e (quasi) sempre al livello dei precedenti.
Come vedete, le cose sono spesso diverse, e non sempre “Morto un Papa se ne fa un altro”… Ora vedremo – tempo poche settimane – quale nuovo “leader” si affaccerà dalla famosa finestra: e se la band dei porporati cambierà musica, o continuerà con gli stessi stornelli. Come dicevano gli Aerosmith, “Let the music do the talking”.
Nessuno è insostituibile, infatti prima o poi….
Buongiorno
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Ma ognuno diverso… È questa unicità è divina, almeno x me
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Bravo, bellissimo articolo. Hai saputo “approfittare” dello spunto in modo intelligente e interessante.
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Grazie!
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Ottimo articolo. Però credo che la potenza scenica e le personalità di Jim Morrison e Freddie Mercury fossero inarrivabili. Non tanto per le capacità canore, ma proprio per il carisma e il magnetismo che emanava la loro presenza.
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Assolutamente. Jim era Dioniso in abiti moderni, nessun altro avrebbe potuto sostituirlo.
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E, restando tra i vivi, ti porto l’esempio di una band italiana, i Matia Bazar. Io sono amica del batterista che li accompagna da un paio di anni. Lui mi ha fatto ascoltare i nuovi brani che hanno inciso e che non hanno il coraggio di presentare ai concerti perché i Matia Bazar sono conosciuti solo per le canzoni cantate e scritte Antonella Ruggiero. Senza di lei, nonostante i vari cambi di cantanti anche brave, non sono più riusciti a combinare niente di personale. Vanno a fare concerti in giro per l’Italia, sono andati in tv, ma non riescono neppure a toccare i piedi di Antonella Ruggiero. Oltretutto della vecchia band è rimasto un solo componente. Il mio amico dice che per ogni concerto, con tutto il movimento che fanno, riescono a porte a casa non più di 500 euro a testa. E di incidere nuovi dischi non se ne parla. Io glio ho suggerito di cambiare nome.
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È cosa triste ma spesso capita così… La Ruggiero ha lasciato un marchio così forte da diventare un peso. Ed è un peccato x i musicisti… Curioso che la Ruggiero sia “quella dei Matia Bazar” ma i MB non siano più nominati
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Perché Antonella Ruggiero era Matia Bazar. Quando lavoravo in radio li ho visti più volte ed ho intervistato lei. Ogni volta che chiudeva un concerto presentava il gruppo e alla fine diceva “e io sono Matia”. 🙂
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Lei aveva anche inventato tutta la grafica dei Matia Bazar dal logo alla pubblicità sui pullman che portavano in giro i loro strumenti.
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Alcuni grandissimi artisti sono insostituibili. Mentre artisti bravi ma normali non lasciano un segno così forte.
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