Domani avvenne: da lunedì 6 giugno 2022 a domenica 12 giugno

6 Giugno 1902: a Fulton (Mississippi) nasce Jimmie Lunceford. Giunto a Denver, si dedica al sax e al ruolo di band leader, e nel 1927 dà vita alla sua orchestra. Dal 1934 Jimmie diventa ospite fisso al Cotton Club di Harlem, e grazie all’arrangiatore Sy Oliver fa il botto: i suoi pezzi swing si basano su un sincopato in 2/4, il cosiddetto bounce (dall’inglese “to bounce”, rimbalzare), dal fascino sbalorditivo. Assieme a quella di Duke Ellington, la band di Lunceford è una delle novità più eccitanti di quegli anni, e unisce perfezione tecnica, disciplina, divertimento e spirito swing.

7 Giugno 1977: i Sex Pistols, il giorno esatto del Giubileo della Regina Elisabetta, suonano sul Tamigi a bordo del battello “Queen Elizabeth”, e proprio davanti a Westminster, il loro recentissimo singolo “God Save the Queen”… Una “provocazione punk” bella e buona, interrotta dalla polizia con undici arresti.

8 Giugno 1985: per la Polidor esce “Our Favourite Shop“, il secondo disco degli inglesi Style Council di Paul Weller. Album eclettico, allinea soul, rap, rock e sound jazzato, e testi riflessivi e pessimistici. In scaletta, “Boy Who Cried Wolf”, “The Lodgers”, “Walls Come Tumbling Down!” e “Homebreakers”. Negli Stati Uniti, il pezzo esce col titolo di “Internationalists”.

9 Giugno 1972: il giovane Bruce Springsteen incontra John Hammond, lo storico producer della Columbia: lo stesso che, una decina d’anni prima, aveva scoperto Bob Dylan. Il manager del Boss, Mike Appel, ha la faccia tosta di irridere Hammond dicendogli “Vediamo se dieci anni fa ha solo avuto fortuna…”. Appena sente due pezzi, Hammond resta folgorato e mette la firma sul contratto di Springsteen: e il resto è storia.

10 Giugno 1965: a Manila (Filippine) nasce Joey Santiago. Nel 1972 arriva con la famiglia negli States, e nel ’74 si trasferisce nel Massachusetts: chitarrista, nel 1986 – assieme a Frank Black, compagno di università di Boston – fonda un gruppo che, inizialmente chiamato Things on Fire, prende presto il nome di Pixies. Nel 1987 arriva il primo album, e i Pixies si avviano a diventare una delle più influenti rock band indie della storia, ammirate anche da Kurt Cobain e David Bowie. Lo stile chitarristico di Santiago è irregolare e spigoloso, con un feedback a tratti maniacale, e ampio ricorso a bendig e distorsioni.

11 Giugno 1934: a Des Moines (Iowa) nasce James “Pookie” Hudson. Cantante, nel ’48 forma il quartetto vocale The Four Bees: ma è nel ’53, con la nascita del gruppo doo-wop degli Spaniels, che la sua carriera prende il volo. Con la indie (interamente afroamericana) Vee Jay, il quartetto licenzia successi straordinari come “Baby It’s You” e “Goodnight, Sweetheart, Goodnight”, tutte a firma Hudson. Secondo gli storici, gli Spaniels sono il primo quartetto vocale con un frontman chiaramente identificato.

12 Giugno 1992: trent’anni fa, per la Sony, esce “Italyan, Rum Casusu Çıktı“, il secondo album di Elio e le Storie Tese. Disco geniale, rappresenta al meglio l’eclettica mistura della band italiana, che allinea ballate pop, metal, disco, collage stranianti, musichette da avanspettacolo e suite citazioniste. Al disco collaborano Le Mystère des Voix Bulgares, Riccardo Fogli, Enrico Ruggeri, Diego Abatantuono, Massimo Riva e una valanga di altri ospiti. La copertina è una citazione ironica di “Atom Earth Mother” dei Pink Floyd, mentre il titolo è la trascrizione del titolo di un quotidiano turco, che significa “La spia italiana dei greci è stata espulsa”.

Il Doo-Wop

Do wop de wadda bom-bom

1954, Ottobre: i Penguins, di New York, per il loro debutto hanno scelto “Hey Señorita”, un brillante rhythm’n’blues vocale: ma succede una cosa strana. Il pubblico radiofonico, incoraggiato dal disc jockey Alan Freed, inizia a richiedere con maggiore insistenza la B-side, “Earth Angel”. Canzone quanto mai sconcertante: il testo – basato su un’ipnotica ripetizione del titolo – non ha alcun spessore, il pianista non fa altro che ripetere lo stesso accordo a tempo di terzina, il solista ha un timbro sdolcinato e frivolo, e i non-sense onomatopeici muovono al ridicolo. La critica insorge: ma nulla arresta l’ascesa del disco nelle classifiche. Attenzione, in entrambe le classifiche (primo posto nella chart rhythm’n’blues e ottavo in quella pop).

E non è un caso isolato. Scritta dai Chords di New York, e scelta come B-side della cover “Cross Over The Bridge” (Marzo 1954), “Sh-Boom” sale a sorpresa al secondo posto sia della graduatoria rhythm’n’blues che di quella pop; i Crows, quartetto vocale di Harlem, investono tutto sul lento “I Love You So”, ma è il retro, la brillante e autografa “Gee”, a scalare le classifiche; identica sorte tocca ai Charms – la cui “Hearts of Stone” (1954) monopolizza la hit parade afroamericana, e approda nella classifica pop nella versione delle Fontaine Sisters – e agli Spaniels, che raggiungono la notorietà “bicolore” con “Baby It’s You” (1953) e con “Goodnite Sweetheart, Goodnite” (1954) [1]. Il segnale è chiaro: esiste una canzone che i produttori non “vedono”, ma che – messa alla prova dei fatti – è immediatamente portata al successo; ed esiste un nuovo mercato trasversale, segmentato non più su base razziale, ma su criteri anagrafici. Continua a leggere “Il Doo-Wop”