Festa della Donna: #3

Un pezzo di John Lennon e Yoko Ono, che però preferisco in questa versione… E sempre attuale!

Woman is the nigger of the world
Yes she is, think about it
Woman is the nigger of the world
Think about it, do something about it
We make her paint her face and dance
If she won’t be aslave, we say that she don’t love us
If she’s real, we say she’s trying to be a man
While putting her down we pretend that she is above us
Woman is the nigger of the world, yes she is
If you don’t believe me take a look to the one you’re with
Woman is the slave to the slaves
Ah yeah, better scream about it
We make her bear and raise our children
And then we leave her flat for being a fat old mother hen
We tell her home is the only place she should be
Then we complain that she’s too unworldly to be our friend
Woman is the nigger of the world, yes she is
If you don’t believe me take a look to the one you’re with
Oh woman is the slave to the slaves
Yeah, alright
We insult her everyday on TV
And wonder why she has no guts or confidence
When she’s young we kill her will to be free
While telling her not to be so smart we put her down for being so dumb
Woman is the nigger of the world, yes she is
If you don’t believe me take a look to the one you’re with
Woman is the slave to the slaves
Yes she is, if you believe me, you better scream about it
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance…
Woman is the Nigger of the World” (John Lennon, Yoko Ono)
Versione live di Cássia Eller

Festa della Donna: #2 – Ragazze vincenti

Come l’anno scorso, dedico le mie riflessioni musicali all’imminente Giornata/Festa Internazionale della Donna parlandovi di due canzoni in cui la presenza – negli intenti, puramente occasionale! – di una donna ha dato al pezzo – e alla storia del rock – un qualcosa di imperdibile, e difficilmente superabile. Della serie: le donne, anche quando sono trattate da outsider, sanno dare delle mazzate che te le ricordi per sempre. Continua a leggere “Festa della Donna: #2 – Ragazze vincenti”

Festa della Donna: #1 – Le Red Hot Mamas

Colgo l’occasione dell’imminente Festa della Donna (non c’è solo l’emergenza del “vairus” di cui parlare…), per proporre una breve riflessione storica sul rapporto fra le cantanti e il Blues: storia di una passione sempre viva, ma che solo occasionalmente è riuscita a esplodere. Storia interessante, perché intreccia giocoforza un’altra questione, egualmente importante: quella delle barriere razziali.

Blues al femminile

Quando, dopo la Guerra Civile, si stabilizzano i presupposti per la nascita del blues, nella società nera le differenze fra i sessi sono già ben delineate, sia fra le mura domestiche che sulle assi dei palcoscenici. Le donne, rispetto ai maschi, rivestono da sempre un ruolo più sussidiario, subordinato, che impedisce il medesimo tipo di mobilità: la maggior parte, anche se costrette a emigrare, cercano un lavoro stabile e dignitoso, come la governante, mentre pochissime si danno allo spettacolo. La musica è per certo parte della loro vita: anzi, è proprio grazie ai canti solitari sulla veranda, o durante i lavori di casa, che le canzoni, le emozioni, lo “spirito del blues” si trasmettono nelle campagne, tramandandosi di madre in figlio, e di famiglia in famiglia. Ma la “professione” è un tabù.

Le cantanti nere professioniste di blues di cui, a fine Ottocento, si abbia qualche traccia attendibile o memoria sicura si contano sulle dita di una mano. Ophelia Simpson, in arte Black Alfalfa, sarebbe una di queste: tuttofare al soldo del Medicine Show del Dr. Parker, accompagna le vendite del suo miracoloso intruglio con un canto esacerbato, lacerante, “blues”. Nel 1898, a Louisville, incarcerata per il presunto omicidio del marito, scrive “Black Alfalfa Jail-house Shouting Blues”, tra i primissimi esempi di shout e di stanza blues strutturati sulla forma strofica AAB. Ma, al di là di questo, null’altro resta: né una foto, né traccia del suo destino… E, per esser sinceri, nemmeno prove della sua reale esistenza! Tutto, infatti, si basa sulla testimonianza del critico e storico John Jacob Niles: una cronaca non certo inoppugnabile, visto che nel 1898, quando avrebbe ascoltato la Simpson, Niles aveva solo 6 anni. E, altra nota stonata, la forma strofica, difficile da immaginare in forma compiuta nel blues di fine Ottocento. Continua a leggere “Festa della Donna: #1 – Le Red Hot Mamas”