Neil Young – “Weld” / “Arc”

Logan-Young

Basta cercare in rete, e tutti a dire “Eh sì: Neil Young è il padrino del Grunge“. Ma di frasi fatte, come “Venezia è bella ma non so se ci vivrei” o “Una volta qui era tutta campagna” ne abbiamo tutti un po’ piene le tasche: meglio, allora, andare alla fonte e verificare se. I riferimenti younghiani che di solito si fanno per stabilire questa equivalenza sono essenzialmente tre: in ordine di tempo, “Rust Never Sleep” (1979), “Freedom” (’89), “Ragged Glory” (’91). Oltre, ovviamente, al quasi contemporaneo live “Weld“, che si abbevera proprio ai rumori e alle canzoni del “Ragged Glory” tour.

La scaletta propone, più o meno, la testimonianza fedele di quello che doveva essere un concerto del ’91: 16 canzoni per un totale di due ore, belle tirate. “This is everything that we did during the whol show. Nothing’s missing. It’s the highlights of each song’s best performance out of maybe 10 to 12 shows that were recorded.” Il programma attinge principalmente ai tre dischi di cui sopra, oltre a doverosi e quasi obbligatori ripescaggi da album più remoti: dall’apertura “Hey Hey, My My (Into the Black)” alla conclusiva “Roll Another Number” c’è tutto il Neil Young più spigoloso, aspro e caliente. Non un attimo di respiro: la voce unica di Neil, le chitarre distorte e maniacali dello stesso Neil e di Poncho Sanpedro, le pesanti quadrature ritmiche di Talbot e Molina, il sound pastoso, tutto è calore, voglia di suonare, e di ribadire l’energia e la necessità di fare musica. E di farla bene, di sudarne ogni goccia, di spremere cuore e corde vocali.

Neil e i Crazy Horse, la sua storica band di supporto, non sbagliano un colpo: e mostrano di saper cogliere l’attimo, di calarsi nel momento e farsene ispirare, proprio come i bluesmen di una volta. La tournée inizia, guarda caso, proprio nel bel mezzo della Desert Storm di Bush sr.: e, immediatamente, si sintonizza sull’attualità, ribadendo in suoni, rumori e distorsioni il disastro incombente, gli aerei in picchiata, le bombe chirurgiche e i morti della “prima guerra del villaggio globale”. Il sound, il piglio, la cazzimma direbbero i napoletani, tutto ne risente: e spunta in scaletta anche la dylaniana “Blowin’ in the Wind“, trasfigurata dal feedback e dall’angoscia vocale in una protest song da delirio.

Non c’è un momento di stanca: “Crime in the City”, “Cinnamon Girl”, l’anthem “Rockin’ in the Free World“, “Like a Hurricane”, tutto è perfetto. Per non parlare del capolavoro nel capolavoro “Cortez the Killer“, qui in una delle versioni più a fuoco di sempre. E con “perfetto” non parlo di alchimie da banco mixer o di equalizzazioni: ma di quell’attitudine tipica dei grandi performer racchiusa nell’espressione “fare grande musica”.

E Neil, e i Crazy Horse, la fanno: eccome. Musica, e rumore: Neil, lo sappiamo, è uno dei rocker più schizofrenici di sempre… Solo lui, nello stesso disco, può accostare un’elegante ballata country con la jam scabra e rumorosa; e solo lui è capace di dischi bucolici come “Harvest” e di album grondanti foga punk come “Re-ac-tor”. Nessuno stupore, quindi, che nel ’91 scelga come compagni di viaggio i Sonic Youth, i re del noise: oddio, qualche dito medio i Sonics se lo beccano pure, dal pubblico operaio di Buffalo, ma fa parte del gioco. Ed è per merito di Moore Thurston che il buon Young decide di tagliuzzare qua e là il muro di distorsione e feedback in cui spesso annegano i finali dei suoi live, e di ricompattarne i frammenti in un’unica traccia monstre di 35 minuti: il cd “Arc“, originariamente allegato al doppio “Weld”.

Non c’è un ritmo, in “Arc”: “Invece della musica che abbiamo al giorno d’oggi, tutta di ritmi programmati, Arc cambia continuamente”. Un’operazione al limite del provocatorio, sì: e quanto mi sarebbe piaciuto che il dripping sonoro di “Arc” fosse stato integrato in “Weld”… Invece di un disco da 9, ne avremmo avuto uno da 10: anche se, comprensibilmente, i pollici su sarebbero stati molti meno.

Ricorda Neil: “Abbiamo imparato molto dai Sonic Youth, e loro hanno imparato da noi”. Ma bando alla modestia: non solo i Sonics devono ringraziarti, ma una generazione intera. Quella dissociazione fra tenerezza e furia, fra disperazione e redenzione, fra ballata al chiar di luna e vomito punk, fra rumore e melodia, tanto tipica di Nirvana, Pearl Jam e compagnia, ha il suo esempio e maestro proprio nella lezione (allora) ventennale di Neil Young. Ed ecco che la nomea di “padrino”, di “zio” del Grunge, non ha più nulla di misterioso, ma si esplicita con chiarezza e evidenza. E, per di più, “Ragged Glory” e “Weld”/”Arc” arrivano proprio nel ’91, quando il Grunge ottiene i primi, clamorosi, successi commerciali.

A riprova di quanto questa non sia una di quelle teorie create a tavolino, basta guardare alle numerose volte in cui Neil e i Pearl Jam hanno condiviso il palco – da brividi la “Rockin’ in the Free World” degli MTV Video Music Awards del ’93 – cui si aggiunge il disco a quattro mani “Mirror Ball” (1995) con “Song X”, litania western grondante polvere e anatemi. E non è un caso che, nella lettera scritta prima di suicidarsi, Kurt Cobain citi proprio una frase di “Hey Hey, My My”: “It’s better to burn out than to fade away“… Episodio che un Neil in lacrime celebrerà dedicando a Cobain la sua “Sleep with Angels”.

Ora il Grunge non c’è più, se non nei ricordi, nella storia, e negli scaffali di molti appassionati: ma Neil c’è ancora, eccome. Un vecchio leone un po’ imbolsito (d’altronde ha 74 anni), e che – assieme al titolo nobiliare di “nonno del Grunge” (zio ormai è troppo poco) – evoca un’altra parentela. Perché nel mio immaginario c’è un altro eroe canadese: uno un po’ stropicciato, di poche parole, e con le basette ispide e lunghe, come lui; e che, come lui, quando serve tira fuori gli artigli, è capace di tenerezza (per la sua amata Mariko) e di efferata violenza (per chiunque lo minacci), ed è il migliore in quello che fa.

Eh si, caro Logan-Young: che il tuo fattore rigenerante non ti lasci mai.

 

Neil Young – “Weld” / “Arc” (live album)

Registrazione: Febbraio/Aprile 1991 – Pubblicazione: 22 Ottobre 1991 – Reprise Records

Tracklist

(tutte le canzoni sono di Neil Young, eccetto dove indicato diversamente)

  1. Hey Hey, My My (Into the Black)” (Young, Jeff Blackburn) – 5:42
  2. Crime in the City” – 6:32
  3. Blowin’ in the Wind” (Bob Dylan) – 6:49
  4. Welfare Mothers” – 7:04
  5. Love to Burn” – 10:01
  6. Cinnamon Girl” – 4:45
  7. Mansion on the Hill” – 6:14
  8. Fuckin’ Up” – 7:09
  9. Cortez the Killer” – 9:46
  10. Powderfinger” – 5:58
  11. Love and Only Love” – 9:17
  12. Rockin’ in the Free World” – 9:22
  13. Like a Hurricane” – 14:00
  14. Farmer John” (Don Harris, Dewey Terry) – 5:00
  15. Tonight’s the Night” – 8:45
  16. Roll Another Number” – 5:19
  17. Arc” – 25:00
Musicisti
  • Neil Young – guitar, vocals
  • Sal Trentino – electronics
  • Crazy Horse:
    • Ralph Molina – drums, vocals
    • Frank “Poncho” Sampedro – guitar, synthesizer, vocals
    • Billy Talbot – bass guitar, vocals

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