Io non so parlar di musica #17 – Francesco Baccini

E’ da tanto che non pensavo a Francesco Baccini: me lo ricordo quando, non ancora famoso e senza un disco alle spalle, venne in un piano-bar della mia città, che abitualmente frequentavo, per una serata… Quella volta, chissà perché, non andai: ma un mio amico, che invece era presente, ne fu folgorato, e me ne parlò con accenti entusiastici. La carriera di Baccini, dopo in paio d’anni, partì forte, ma rallentò presto: e dopo il terzo disco, “Nomi e Cognomi“, il grande pubblico iniziò a trascurarlo.

Non conosco a sufficienza dischi e storia per trovare motivi e cause: qualcuno parla di calo di ispirazione, altri di ostracismo politico dei discografici. Sinceramente non so, può essere tutto o nulla, come semplicemente che il suo stile – ironico, leggero, con uno spessore strumentale importante e tutt’altro che banale, ma anche un pizzico retrò – alla fine abbia disamorato il grosso degli ascoltatori. Fatto sta che, a livello mainstream, di Baccini si perdono velocemente le tracce: riemerge nel 2005 nel reality “Music Farm“, ma alla fine si parla più della sua bestemmia (per cui venne espulso) e della love story con Dolcenera che del resto. E per un musicista non è granché! Continua, ovviamente, e anche oggi, a suonare, scrivere e fare serate: ma non certo coi numeri dei tempi d’oro.

Ed è un peccato, perché Baccini era un cantante e autore originale, pungente e simpatico: di un’ironia non certamente adatta, questo sì, ai deliri politically correct di questi ultimi anni. Ma ve la immaginate, oggi, “Le donne di Modena“? “Le donne di Modena accettano un invito, e non è il caso di essere il marito… Ma tutte fanno da mangiare, sanno cucinare, odiano stirare, e san far l’amore“. E anche “Figlio unico“, signora mia: ma questo come si permette di dire “Ma non sai che io sto cercando una che non parli, che cucini, che mi stiri le camicie e mi lavi anche i calzini”?

A suo modo, anche “Fotomodelle” – il brano che propongo oggi, tratto dal suo album d’esordio, “Cartoons” – sarebbe criticato: eppure dice, con un bel po’ di presa in giro, parecchie verità… O, se non proprio verità, una serie di luoghi comuni che ad essa ben si attagliano! Brano veloce, ritmato, simpatico e tagliente, che strizza l’occhio allo ska e al cabaret: niente di trascendentale, ma merita di sicuro un ascolto!

Francesco Baccini – “Fotomodelle

Tratto da “Cartoons” (1989)

Dreadrocks – Il reggae delle nebbie

Per ricordare che gli anni Sessanta, in Inghilterra, non furono solo Beatles, Who e Rolling Stones…

Fumo di Londra

La nostra storia inizia al Flamingo Club, circolo a gestione familiare aperto nel 1952 a Wardour Street (Soho) con l’idea di dare al jazz quel che merita: e, cioè, un posto lontano dalla sciatta ordinarietà delle sale da ballo Trad, piacevole, ben attrezzato e altrettanto ben frequentato. L’intuizione è corretta, e premiata dal credito che artisti di primissimo ordine – come Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald e Billie Holiday – riservano al club, onorandolo della loro stellare presenza.

Ma figurati se una cosa così pulitina e perbene può resistere all’incombere degli anni Sessanta. Nel ’59 il locale è rilevato da Rik Gunnell, ex-pugile e buttafuori di nightclub: gestione che trasforma il Flamingo in uno dei posti più tenebrosi della città. In questo covo, aperto regolarmente fino all’alba, è facile incontrare gangster, prostitute e faccendieri di ogni tipo: fra una rissa, occhiate feroci e whisky versato in abbondanza, la musica scorre imperterrita… E, come un habitué molesto di cui ci si vuol disfare al più presto, il jazz da ballo è messo alla porta dai nuovi avventori: i soldati americani di stanza a Londra, e gli operai giamaicani, che dopo il catastrofico uragano del ’44 e la crisi, hanno trovato nell’Inghilterra postbellica un posto dove iniziare da capo.

A Londra, i nuovi arrivati occupano i sobborghi di Brixton, Tottenham, Hackney e Croydon: le strade sono improvvisamente invase dai sound system – feste permanenti con impianti di amplificazione colossali – guidati da aggressivi dj, che spargono ininterrottamente e al massimo volume suoni e vibrazioni. Continua a leggere “Dreadrocks – Il reggae delle nebbie”