Ciao a tutti. Oggi riprendo il filo di una narrazione che, prima per l’Italia Fascista, e poi per l‘Unione Sovietica, aveva affrontato, seppur indirettamente, il discorso su musica e censura: ma sarebbe troppo bello se la censura riguardasse solamente governi dichiaratamente dittatoriali! Anche il Bel Paese del Dopoguerra democristiano ha vissuto – e vive tutt’ora, con governi differentemente orientati – parecchi esempi di “scomunica” culturale: casi che riflettono, del nostro paese, un certo momento storico e l’humus culturale diffuso (o preteso tale), quali sono o meno le sue credenze, i suoi punti ciechi e le vie di fuga. E così ho pensato di proporvene un breve elenco.
No, nessuna discussione teorica: ma una piccola premessa, sì. La censura non è mai una bella cosa, come tutte le proibizioni etiche o politiche: a volte pare necessaria, a volte (poche) lo è, e moltissime volte invece non lo è per nulla. E, come vedremo, spesso è – più che una necessità reale – una preoccupazione preventiva, una marchetta, una pruderie di cui si vuole far bello il censore verso i veri detentori del potere. Una marchetta sovente ridicola, spesso inutile, e quasi sempre controproducente.
Detto questo, chiacchieriamo un po’. Ho diviso i casi più eclatanti di censura musicale a seconda del “tema” che ha scatenato le ire censorie… In questa puntata (sì, perché di carne al fuoco ce n’è molta) parliamo di sesso e religione (due materie che, anche nella cronaca, si trovano spesso abbinate…): nella prossima occasione, invece, di politica, guerra e morale pubblica! Continua a leggere “Il pop italiano e la censura (parte prima)”