Ciao a tutti. Fino a un anno fa il mio ufficio si affacciava su una piazza pedonalizzata, nel mezzo della quale spesso venivano a piazzarsi cantanti e musicisti ambulanti: e noi, volere o volare, ci beccavamo più o meno involontariamente le loro performance, che filtravano senza problemi attraverso i vetri delle finestre. Nella massa, qualcuno era davvero bravo, ma tanti erano approssimativi, o semplicemente noiosi: anche perché il repertorio, diretto a un pubblico di passanti, era più o meno sempre lo stesso… Colonne sonore, tanghi, classici italiani e stranieri: e spesso artisti diversi eseguivano canzoni uguali.
Una delle più ricorrenti era la famosa e struggente “Hallelujah” di Leonard Cohen: ok, mentre lavori avere musica in sottofondo fa (quasi) sempre piacere, ma sentir ululare la stessa canzone dallo stesso, abbastanza mediocre, cantante, con l’identica base in sottofondo, 4-5 volte ogni sessione, due turni al giorno, cinque giorni alla settimana, mese dopo mese… Beh, era davvero insopportabile. Per me, e in generale per tutti i colleghi: che appena partivano le prime note iniziavano a inveire!
La cosa andò avanti per diverso tempo: fino a quando una volta, all’uscita serale, invece di andare direttamente alla fermata del tram, puntai il solito tizio, vestito come un arcobaleno, aspettai che terminasse, e poi molto pacatamente – ma davvero, non per dire – gli dissi: “Senti, vedi quelle finestre? Io lavoro lì, e coi miei colleghi ti sentiamo sempre. So che stai lavorando, quindi ok… Ma per piacere, potresti variare un po’ la scaletta? Sai, dieci “Hallelujah” al giorno, un giorno dopo l’altro, è un po’ troppo“. Lui abbozzò, senza arrabbiarsi, ma magari mentalmente mandandomi a cagare. Ma una signora del (pochissimo) pubblico presente, mi fissò seccata e ribadì: “Si vede che lei non ama la musica!“.
Bene, tutto si può dire di me, ma non questo! “Io amo molto la musica: ma capirà che tutto ha un limite” (senza aggiungere: soprattutto se l’ugola non è granché…). E lei, più torva che mai: “Se una canzone è bella, e cantata bene (sic!), la si sente anche 100 volte sempre con piacere!“.
E qui devo proprio dissentire. No: per quanto ami un pezzo, cento volte sarebbero una tortura. Soprattutto se di fila: con buona pace della signora, che secondo me, da come guardava il “Coen de noantri”, un pensierino sul cantante se lo stava pure facendo.
Mi è successo di innamorarmi di una canzone, e di ascoltarla molto spesso: ma, se non per casi di studio, ben raramente ho superato le tre volte al giorno. Eppure, la realtà è sempre più complessa e varia di quanto possiamo ritenere, e ognuno gode a modo suo: sentite un po’ cosa ho scoperto, in merito! Continua a leggere “Suonala ancora, Sam… Ma quante volte?”