Ciao a tutti. “La notte porta consiglio“, dicono i saggi. Può essere: certo è che nelle due storie musicali che sto per raccontarvi la notte ha portato non solo consiglio, ma veri e propri capolavori! Sono aneddoti abbastanza noti, ma che mi fa piacere ricordare e proporre alla vostra attenzione. Let’s go!
1. Prima ronfata. Una bella mattina (ma di quando? non è chiaro, il tutto oscilla fra il ’64 e il ’65!), dopo un’altrettanto bella dormita, Paul McCartney si sveglia con una melodia in testa: “E’ bellissima”, pensa, “devo registrarla subito..” Detto, fatto. Ma lo assale un dubbio: la melodia è limpida e accattivante, forse troppo… Mica l’avrà plagiata inconsciamente da qualcuno? Così, per un mese buono, la accenna a chi capita, chiedendo se l’ha mai sentita: no, nessuno la conosce. Bene, allora in assenza di prove contrarie, è davvero sua!
Tutto entusiasta, e grato per un tale miracolo onirico, Paul inizia a suonarla in ogni momento: la rifinisce, la propone ai colleghi (i Beatles, e chi altri?), e cerca di scrivere un testo… Testo che non viene. Tanto che – come fanno un po’ tutti i gruppi – prova a usare le prime parole che gli vengono in mente, purché adatte alla metrica: “Scrambled eggs / Have an omelet with some muenster cheese / Put your dishes in the washbin please / So I can clean the scrambled eggs“. “Uova strapazzate“, insomma! Tenta e ritenta, il testo prende la forma definitiva: si, stiamo parlando di “Yesterday“! 
Alla fine Paul e soci decidono di inciderla: ma come? Il pezzo è parecchio diverso dalle loro cose abituali: per un attimo pensano addirittura di pubblicarla a nome del solo Paul, ma poi optano per un accompagnamento orchestrale, senza strumenti rock: e, per non scontentare nessuno, uscirà “solamente” come parte dell’album “Help!” (Agosto 1965, occhio alla data), e non come singolo! Già, proprio così: quella stessa “Yesterday” che è uno dei pezzi più famosi della storia e che – per questioni di equilibri interni – uscirà come singolo solo nel ’76, terminati i vecchi obblighi contrattuali. Una canzone famosissima, oggetto di almeno tremila cover documentate: cui va senz’altro aggiunta la gag di “Non ci resta che piangere” in cui Troisi mima goffamente la melodia ad Amanda Sandrelli, spacciandosi per l’autore: “Yesterday… bom bom… na na na na…” :-),
2. Seconda ronfata. E’ sempre il 1965, e i Rolling Stones sono impegnati nel terzo tour americano: durante una pausa, fra il 5 e il 6 Maggio, Keith Richards – al risveglio da una pennichella alcolica in hotel – sente risuonare in testa una sequenza di note, accende il registratore portatile, e strimpella qualcosa, prima di riaddormentarsi. Al mattino seguente, ancora stordito dai postumi, preme il tasto “play”: 40 minuti di ininterrotto russare… Ma, anche, un breve riff di chitarra acustica.

In quei pochi secondi c’è tutto il futuro di Jagger e soci: “(I Can’t Get No) Satisfaction”– perché di questo si tratta – è incisa una prima volta il 10 Maggio ai Chess Studios di Chicago e, il 12, negli studi di Hollywood. Da un abbozzo di sapore RNB, con un disciplinato Brian Jones all’armonica, in soli due giorni si passa a un sabba-rock chitarristico, velenoso e ritmato. Richards vorrebbe inserire una sezione fiati, a imitazione dell’hard-soul di Otis Redding, ma Oldham e gli altri Stones si mettono di traverso: va bene così, non c’è bisogno di altro.
Uscito prima negli Stati Uniti (a Giugno, estratto dall’imminente lp “Out of Our Heads”) e poi in Inghilterra (ad Agosto, come singolo),”Satisfaction” è catapultato ai primi posti delle classifiche sui due lati dell’Atlantico, e stabilisce per sempre il modello di canzone “marca Stones”: un riff di chitarra ossessivo e marziale – distorto da un maniacale fuzz-tone – il tono perverso della voce di Jagger, e il battito proto-disco di Watts mettono in musica una sceneggiata di frustrazione sociologico-sessuale di straordinario fascino.
Con “Satisfaction”, la sua aggressività, il suo sound, il suo messaggio – un ambiguo mix di proclami erotici, anticonsumistici e di avvilimento sociale – i Rolling Stones escono definitivamente fuori dall’ingombrante cono d’ombra degli onnipresenti Beatles, e si mettono alla testa dei giovani ribelli: di quella Controcultura che sta prendendo rapidamente forma, e che di lì a poco metterà a ferro e fuoco il mondo occidentale. E, di nuovo, tutto inizia (se non proprio da un sogno), da una specie di coma etilico!
***
Ed è così che sono nati due fra i pezzi più importanti di due delle band più epiche di sempre: in circostanze parecchio simili, e nel giro di soli due mesi. Niente da fare: quando si è gente così, che vive di musica, è giovane, ed è stracarica di energia creativa, sono queste le cose che capitano.
A me, nel sonno, succede – se va male – di sognare il lavoro: e se invece sono “creativo”, di partecipare a storie assurde… Tipo di quando sognai Spock (di “Star Trek”) che, in un cimitero, impartiva il battesimo a un mio compagno di classe, con me presente. Tutto vero!
Stanotte ho sognato che dovevo pagare un bollettino ma non c’era verso, gli impiegati facevano tutto meno che il loro lavoro.
Buongiorno
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Sogno medio-realistico! Buon risveglio
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Ma sognare Spock non ha prezzo!!!
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io al massimo nel sonno ho gli incubi
altro che le melodie
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