Una giornata al mare

Ciao a tutti. In questi giorni sono (siamo) incasinati, in casa, per piccoli ma invasivi lavori di ristrutturazione, e quindi mi scuso se l’attenzione verso la blogsfera è un po’ carente: ma, nonostante tutto, non ho potuto fare orecchie da mercante all’accorato appello della mamma, quasi 87enne in buono stato di salute, che un pomeriggio, quasi fischiettando, fa cadere dal nulla questa frase: “Sai, prima di morire vorrei ancora una volta vedere il mare… E mangiare una bella frittura“.:-)

Vai a capire se a comandare era lo spirito o la panza, o se (per me) è stata più la tenerezza, il buon senso o l’ammirazione per il modo con cui la vecchia genitrice tira abilmente i fili del patetismo e del senso di colpa, ma che vuoi rispondere? E allora, lo scorso sabato, siamo partiti da Torino, abbiamo fatto tappa a Asti a raccattare mamma e zia (ma si, così abbiamo raggiunto i 176 anni di passeggere!) e siamo andati alla volta di Arenzano. Giornata dal meteo spettacolare, mangiato al porticciolo, al sole, con frittura regolamentare, poi la classica riflessione post-prandiale seduti su una panchina: e tutti contenti siamo tornati a casa.

Ma detto questo, e alimentato da un recente “momento-Paolo Conte“, ho iniziato qualche riflessione sul rapporto fra noi, gente del Monferrato, e il mare. Conte è, come me, astigiano: e, come diceva un mio amico, “Asti confina col Piemonte”… Nel senso che la provincia è circondata da altre province piemontesi, senza (o quasi) sbocchi su altre regioni. Più piemontesi di così! Ora è tutto diverso, chiunque frequenta il mare: ma immagino un contadino di 80 o 100 anni fa, cosa potesse provare, di fronte a questo piccolo enorme ignoto rappresentato dal grande blu…

Ho conosciuto persone del genere: gente abituata a passare tutta la vita nel proprio paesino, fra stalle, campi, vigne e polvere, e per cui andare a Alessandria o Torino era una festa, e che da giovani – quasi sempre per lavoro, e quasi mai per svago (e chi conosceva le ferie?) – magari erano arrivati, un giorno, a Genova. Ben lo dice Conte, sublime poeta, in “Genova per noi“: “Ma che paura che ci fa quel mare scuro che si muove, anche di notte non sta fermo mai“. Si, siamo “un po’ parenti” dei liguri, gente come noi “un po’ selvatica“: ma chi abita al mare, luogo per eccellenza del vai-e-vieni, è comunque più disposto al nuovo… Noi siamo più chiusi, diffidenti, statici. E immagino, senza fatica, lo sconcerto, lo smarrimento, evocati da un misto di odori, sensazioni, immagini, voci e clima, del tutto estranei ai nostri “giorni tutti uguali“, all’immobilismo delle colline: “foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia“.

E poi c’è un altro mare… Quello del giovane piccolo borghese che, negli anni Sessanta, si permette lo svago di una giornata solitaria in riviera: scenario altrettanto perfettamente delineato in “Una giornata al mare“, scritta assieme al fratello Giorgio Conte e portata al successo da Equipe 84. Mentre ondeggia fra cameriere da abbordare, il vociare dei bambini e un tizio con “un’auto che sa di vernice, di donne, di velocità“, il pensiero del nostro protagonista d’improvviso torna alla sua campagna: di nuovo, a quelle persone chiuse nel loro mondo, “una vita a passata a guardare le stelle lontano dal mare“, e il cui solo lusso è quello di “un geranio e un balcone“… Immagine straziante, per quanto mi riguarda.

E io, che devo dire? Che, seppur di seconda mano, mi ritrovo in queste cose: le ho assorbite dai ricordi, dai racconti, dalle vicende di tanta gente più vecchia di me, e di tanta che già da tempo ha attraversato il confine. Gente per cui, davvero, andare a cento chilometri era, a volte, il viaggio della vita: e che ti fa capire come lo spaesamento, la sorpresa, l’entusiasmo e l’angoscia per qualsiasi ignoto, sia davvero una questione relativa, di prospettiva e di abitudine. Una spiaggia, il rumore delle onde, un gamberone rosso come l’inferno o l’umido dello scirocco possono essere sorprendenti come un regalo, inquietanti come un brutto sogno o ammalianti come una sirena.

Mentre faccio in silenzio queste riflessioni, una piccola foto in bianco e nero improvvisamente fa capolino dalla borsetta di mamma: ci sono due bambine, minute e imbarazzate, con un costumino intero di povero cotone… Sono lei e la zia, riprese durante una colonia comunale del dopoguerra. Ridono, felici. Lo sguardo di chi ha visto i bombardamenti, i soldati nel cortile di casa e i pidocchi nei capelli: e che, dopo un bagno e la spiaggia, è l’essere più felice del mondo. Oggi le due ex-bambine non saranno raggianti come allora: ma sorridono. E tanto ci basta.

7 pensieri riguardo “Una giornata al mare

  1. Bello ciò che hai fatto.

    Qualche anno fa, 3 o 4, accompagnai mio padre per una visita medica fuori provincia.
    Nel ritorno lui espresse un piccolo desiderio, io feci qualche deviazione, e lo portai a vedere i posti in cui era nato e vissuto da bambino.

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