Sempre più in alto

Un pallino rosso sulla mappa della Scozia, lungo la costa Ovest, direzione Nord: Ullapool. Milletrecento anime, qualche pub, vetrine che espongono plaid e tartan, file di casette di legno a un piano, un porticciolo. Siamo arrivati qui venerdì, tardo pomeriggio, più o meno a metà del nostro giro: abbiamo dormito in un bed & breakfast (più bed che breakfast: la colazione era tutta in un piccolo cestino con due pere, qualche croccantino, un porridge liofilizzato e poco altro), dopo essere andati a cena nel ristorante di un hotel (il vicino di tavolo era uguale-uguale all’Eric Clapton di una decina d’anni fa…), e presto a nanna.

Al mattino, spostiamo l’auto al porto, per comprare qualche souvenir. Da dietro l’angolo sbuca un tipo, col suo fumante bicchierone di carta; e, poco più in là, un minuscolo bar. Entriamo, e ci prendiamo due coffee-to-go, due caffè “americani” da passeggio. E’ metà Luglio ma qui, se è nuvolo – e oggi lo è – non si superano i 16 gradi: il bicchiere ci scalda le mani, ogni tanto beviamo un sorso di quel caffè un po’ slavato, lungo lungo, ma che stamattina ci sta proprio bene.

Pochi passi, e siamo al molo dei ferry. Da Ullapool partono i traghetti per l’isola di Lewis e Harris, nelle Ebridi Esterne: gente va e viene, indaffarata e allegra, per raggiungere un festival di musica folk che si sta svolgendo lì, proprio in questo fine settimana. Sul marciapiede, due ragazzi custodiscono i loro voluminosi strumenti, imballati in tele cerate. Nel parcheggio, l’autista del bus – un omone barbuto, grande e grosso come l’orco buono delle fiabe – scherza con un amico, mentre aspetta il momento di mettersi in moto.

Nella hall della piccola biglietteria un paio persone dormicchiano, raggomitolate sulle sedie. Ai muri, alcuni pannelli raccontano la storia di Ullapool: e di quando, negli anni Ottanta, i pescherecci sovietici erano diventati di casa, su queste coste, e si era sviluppata una sorta di amicizia fra le popolazioni costiere e i marinai russi. Guardo incuriosito le foto: il Muro di Berlino, le navi-fabbrica “made in CCCP” per la lavorazione dello sgombro, i pescatori sovietici che comprano di frodo prodotti occidentali… Sembra passato un secolo.

Usciamo: un corvo saltella da un palo e all’altro del molo. La nave sta imbarcando gente. Noi alle Ebridi Esterne non andremo, non sono in programma: ma inizio a immaginare, con la mia signora a fianco, che sì, sarebbe proprio bello prendere un ferry, e attraversare il braccio di mare che ci separa da loro. E poi, perché no, dall’altra punta della Scozia, a Thurso, salpare a Nord per le Orcadi, così ricche di storia… Ma, più di tutto, sogniamo le lontane Shetland: 12 ore di traghetto da Aberdeen… Un arcipelago di 100 isole (ma solo 16 quelle abitate), perso nel Mare del Nord: in alto, sempre più in alto.

Sì, prima o poi ci andremo“, diciamo a bassa voce, mentre il fumo del caffè e del nostro alito si condensa, e si perde nel vento che sa di mare. Non so perché, ma sono rapito da questa idea… Io, che non amo la vita da mare: ma che amo – e me lo stanno confermando questi giorni – i panorami infiniti, le scogliere a picco, le colline desolate battute dal vento, l’erica sulle coste dei loch, la poca o nulla presenza umana, il tempo che cambia velocemente, come l’umore, dal sole alla pioggia, e di nuovo al sole. Col mio caffè in mano, penso e sogno.

Parecchie volte mi sono sentito a mio agio, in una città o in una regione; e parecchie volte ho pensato di volerci ritornare, e approfondire la visita. Ma questa mattina è differente: sento di avere qualche legame con questo posto. Sto bene, in pace con me stesso, e non vorrei altro. Si, alle Shetland dovrò, dovremo, andare.

Ma prima c’è da continuare questo viaggio. E, allora, si finisce il caffè, al negozio si comprano due sottobicchieri per la birra e un plaid di lana, si sale sull’auto a noleggio, e si parte. La costa Nord ci attende. Faremo ancora tante miglia, soste, rettilinei e curve, incontreremo persone e pecore, berremo the e birre, e respireremo aria fresca, ascoltando lo stridio dei gabbiani e il fischio del vento. Ma nel cuore resta questo momento: ci penso ancora, ogni tanto, prima di dormire.

Questa sensazione resta: e resterà ancora, per tanto tempo.

7 pensieri riguardo “Sempre più in alto

  1. Il mio viaggio in Scozia rimane uno dei più bei ricordi della mia vita. Anche se nelle highlands ho preso secchiate di pioggia, senza via di scampo.
    Sono state alle Ebridi, nell’isola di Skye: è bellissima oltre ogni immaginazione. Ma tutta la Scozia mi ha affascinato. Non sono stato su altre isole, niente Orcadi né Shetland, ma per 2 settimane ho vissuto un viaggio meraviglioso.

    Ciao Chicco.

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    1. Si, concordo, un viaggio che mi ha dato molto anche emotivamente, come raramente accade. Il meteo è stato più gentile, 1 giorno solo di pioggia costante, poi solo un paio di rovesci spot. E davvero, vorrei prima o poi fare Shetland e Orcadi, senza dimenticare le Ebridi Esterne
      Grazie del tuo ricordo e del commento

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