I miei vinili: #14 – Libri, riviste, enciclopedie (prima parte)

La rubrica “I miei vinili” oggi si occupa della parte “cartacea” del collezionare e studiare musica: e, in particolare, secondo la mia ottica e la mia storia.

Il mio primo incontro con la “musica di carta” avviene da bambino, grazie al settimanale Sorrisi & Canzoni, e alle classifiche di vendita delle ultime pagine: mi ricordo bene che le leggevo e rileggevo, pur non conoscendo quasi nessun brano… E poi cercavo di rintracciare, alla radio, i pezzi di cui avevo appena letto, giusto per avere un riscontro sonoro. Da non dimenticare, inoltre, le letture distratte di “Ciao 2001” a casa di mio cugino, di ben 9 anni più vecchio (all’epoca, un’eternità!).

Dopo questi incontri infantili, liberi e quasi casuali, inizio a rivolgermi in modo “serio” a libri e riviste durante l’adolescenza, quando l’ascolto più o meno episodico di canzoni diventa una passione, con i miei artisti e generi preferiti, e un gruppo di amici con cui condividere il tutto. Durante il periodo heavy metal (fra i 16 e i 19 anni) si fa fondamentale l’acquisto della rivista “HM“: che scopro ora, grazie a Wikipedia, essere stato il primo periodico italiano a tema, nato proprio nel 1986. Questo giornaletto (mensile o quindicinale, a seconda dei periodi) conteneva interviste, recensioni, tante fotografie colorate, un poster e alcuni adesivi: i toni, ovviamente, molto giovanilistici ed enfatici, e senza equilibrio critico. Dopo un paio d’anni di acquisti fedeli, inizio ad allontanarmene proprio per questo: quando mi accorgo cioè che fanno “marchette” in modo sfacciato, puntando sempre sul sicuro e sui numeri di vendita, anche a costo di rinnegare opinioni contrarie espresse magari 2 numeri prima.

Sgonfiatasi la fase heavy, passo all’acquisto de “Il Mucchio Selvaggio“, su consiglio di un mio compagno di servizio civile. Il Mucchio trattava musica, per così dire, alternativa: pochissimo pop, molto rock americano non di prima fascia, e belle sezioni collaterali di cinema, libri e pensieri in libertà. Non divento mai un collezionista assiduo: lo compro in modo episodico, a seconda dell’umore e del contenuto. Ma, proprio grazie al Mucchio, i miei orizzonti iniziano ad ampliarsi… Anche se (per pura pigrizia) periodici assai interessanti, come “Buscadero” o “Rockerilla“, restano per me degli illustri sconosciuti: ognuno ha i suoi peccati!

In parallelo, la Arcana inizia a pubblicare la mitica “Enciclopedia Rock“: mattoncini belli spessi dedicati ciascuno a una decade (anni 60, 70, 80, 90) e impostati in ordine alfabetico. Per ogni artista trovi così una breve storia, la discografia completa e alcuni sommari giudizi critici (ma senza “stellatura”): manuali pratici, e indispensabili nell’era pre-internet. Altrettanto interessante, meno enciclopedico ma più mirato, il volume “Rock: 500 album da collezione” di Roberto Casalini e Paolo Corticelli, che riporta le schede analitiche di 500 dischi che, secondo i due autori, rientrano nei capolavori della storia rock… Giudizi opinabili, ovviamente: ma su questo libro ci passo ore e ore!

Mi rivolgo invece alla Arcana per le biografie di alcuni autori, o i loro testi (originali e tradotti, spesso con spartiti a fianco): mi accaparro così quelli dei miei miti di allora (e anche di adesso!), come Tom Waits, Pink Floyd, Pearl Jam… Le biografie sono spesso fatte bene, ma le traduzioni mica tanto: col tempo mi accorgo essere sovente scritte coi piedi, degne di un “google translate” qualsiasi! Stiamo parlando di 30 anni fa: evidentemente la letteratura musicale pop italiana, che non è mai stata al livello di quella di lingua e cultura inglese, in quel periodo è ancor meno attenta e professionale, e per le traduzioni si rivolge a professionisti… poco professionali, a dir poco!

All’alba degli anni Duemila, e dopo qualche anno che ho mollato il Mucchio, per puro caso scopro in edicola il “Mucchio Extra“. Rivista trimestrale che presenta interviste, recensioni e qualche articolo di approfondimento: ma, soprattutto, che contiene la lista dei “100” ( o dei “50”) best di qualcosa. I migliori dischi di una certa decade, o di un certo genere, o di una certa “famiglia” (album di culto, album da evitare, cofanetti e raccolte, ecc): e qua sì che scopro tanta roba buona! Purtroppo, questo è l’ultimo vagito del Mucchio: una diatriba interna, con accuse reciproche fra direttore e fondatori in merito all’utilizzo dei fondi pubblici, porta, nel giro di pochi anni, alla chiusura della storica rivista (ah, que dolor!)…

…E, per me, alla chiusura del mio rapporto (molto parziale) con le riviste: un po’ per questioni di tempo, un po’ per motivi di spazio, un po’ ancora per l’emergere della rete, e infine perché, nel frattempo, inizio a virare sui libri. Basta con recensioni e interviste: è ora dei libri di storia della musica!
Ma di questo parlerò nella prossima puntata.

E non dimenticate di dirmi se comprate, o compravate, riviste di musica, e quali. Ciao!

14 pensieri riguardo “I miei vinili: #14 – Libri, riviste, enciclopedie (prima parte)

  1. Il M Extra l’ho sempre preso, comodo anche se non mi piaceva molto il trucchetto di ripubblicare articoli e servizi già pubblicati nella rivista “madre”.

    Mi interessa invece molto leggerti sui libri, ne ho molti e continuo a leggerli e prenderli.

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  2. 40 anni fa (sic !) iniziai con Rockerilla, poi virai su Rumore e poi, finalmente, arrivai a Blow Up che da tempo mi soddisfa pienamente per la qualità dei giornalisti e per quella dei musicisti di cui si occupano (anche se una buona fetta non so chi siano)
    personalmente la ritengo la migliore rivista dedicata alla musica (in senso ampio) italiana, erede della gloriosa Gong (anni ’70…)
    mai più senza

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