I miei vinili: #12 – I concerti

Ciao a tutti. Oggi la mia rubrica “I miei vinili” si occupa del mio rapporto con ciò che, di norma, rappresenta – o dovrebbe rappresentare – l’altra metà della musica: e cioè il concerto.

La performance, la rappresentazione, il concerto appunto, dovrebbe essere – per un “vero” appassionato di musica – un qualcosa di irrinunciabile, di essenziale: è bello ascoltare in cuffia una canzone, apprezzare la composizione, stupirsi delle finezze di arrangiamento: ma è solo dal vivo, nella comunione col pubblico, che il racconto musicale può “chiudere il cerchio“. E, non secondariamente, dal vivo puoi apprezzare la reale bravura dei musicisti, entrare in contatto con quella gente che – come te – condivide la passione per il tale artista, e godersi un po’ di sano divertimento.

Bene, fatte queste premesse, veniamo a me, per smentire – in parte – quello che ho detto! No, un attimo: non è che non amo la musica dal vivo… E’ che non capisco le giostre. Mi spiego meglio: ricordo benissimo, avrò avuto al massimo 5 anni, mia madre mi sedette su un cavalluccio di una giostra: mentre tutto girava, il giostraio mi fece balzare davanti la codina per acchiapparla, e vincere un premio… La musica spingeva, la base vorticava, i bambini urlavano: e io che mi dicevo “ma perchè? cosa vuole questo?”. Proprio così, lo giuro. Ecco, in un concerto di grosse dimensioni mi capita sempre questo: non riesco a immergermi, e anzi mi perdo, mi astraggo, mi allontano. Di “roba grossa” ho visto i Pink Floyd, gli Stones, Vasco, e altro… Ma ogni volta sono “uscito fuori” da me stesso, e ho vissuto il tutto come quel bambino sulla giostra: come un osservatore esterno.

La mia dimensione live preferita è un’altra: quella dei pub, dei club, delle serate a tema, e dei concerti di media/piccola stazza. Lì mi trovo bene: mi concentro, partecipo, mi lascio andare. Da ragazzo, con gli amici, non c’era sabato sera in cui non si andasse in un pub a sentir suonare: serate da cui uscivo con i vestiti che puzzavano di sigaretta (non mia, ma di tutti gli altri!), con la bocca che sapeva di birra, cheeseburger e patatine, le orecchie che fischiavano, e il piacere di aver ascoltato buona musica. Fatta, quasi sempre, da band amatoriali, ma spesso di buon livello, e sulla cui arte passavamo la sera (e il pomeriggio dopo) a discutere. A volte jazz, altre del buon rock blues, qualche volta folk: e di quelle band me ne ricordo ancora parecchie, anche se sono passati 30 e passa anni.

Anche nei concerti professionali, purché di medie dimensioni, mi lascio coinvolgere, e mi do al ritmo e al calore live: quelli, per intenderci, da massimo (a occhio) 500 persone. Quello è il mio ambiente: non sono, per carattere, uno agitato o che poga, ma mi lascio conquistare dalla musica e me la godo tutta, con la testa e con la pancia.

Ma, come dicevo, stadi, palazzetti gremiti, grossi appuntamenti, non fanno per me: alla fine mi perdo, e ho la sensazione di aver più “timbrato il cartellino” che aver vissuto una esperienza profonda. I ricordi sono lì a dimostrarlo: sempre parziali, opachi, e relativi più a una certa circostanza (il tempo impiegato per uscire dal palazzetto, il caldo che faceva, il panino mangiato, l’amico che era con me), che alla musica e alle emozioni vissute. E che ci devo fare? Mi hanno costruito così! Oppure, semplicemente perché non ho mai visto il Boss, colui capace di “trasformare ogni stadio in un pub”!

E voi, cari lettori? Che rapporto avete con la musica live? Vi piace, non ne potete fare a meno? Preferite i piccoli concerti, o i grandi eventi? O, ancora, il vostro mondo è lo stereo di casa, o la radio? Aspetto le vostre opinioni.

12 pensieri riguardo “I miei vinili: #12 – I concerti

  1. Devo dire che a me i concerti piacciono quando sono andato e qualcuno ne ho visto tutti italiani mi sono divertito parecchio. Come mi diverto ai piccoli eventi, credo che la musica dal vivo sia assolutamente una delle più belle esperienze. Senza fumo chiaramente

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  2. Ciao Chicco, capisco perfettamente il tipo di esperienza-concerto che descrivi (anche se a me ne sono capitate poche rispetto a te, per lo più mega-concerti) e la metafora della giostra è molto efficace. La scala dell’evento indubbiamente penalizza l’empatia e l’immedesimazione con la musica e con la performance dei musicisti. Per dire, ho visto gli ACDC a Imola ma oltre un gran casino ricordo praticamente solo di esserci stato.
    Però il Boss lo devi vedere, dai che 2024 ha già fatto sapere che sarà ancora in tour. Sono riti collettivi, anche se a quanto dicono i fan storici con meno energia rispetto al passato. Pur non essendo uno sprongsteeniano sfegatato, te lo consiglio.

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  3. Quando ero giovane andavo abbastanza spesso ai concerti e mi piaceva moltissimo tutto: la musica altissima, la folla, la calca, l’emozione. Ho visto e ascoltato dal vivo molti dei miei artisti preferiti: ricordo solo De André, meraviglioso, De Gregori che sono andata a sentire un’infinità di volte, Guccini, e tra i grandi nomi internazionali Lou Reed, David Bowie, Bob Dylan… ma il concerto in assoluto più bello ed emozionante è stato quello di Neil Young a Viareggio nel 1982. Sono passati più di 40 anni da quel giorno… e sono felice di esserci stata!

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  4. Ho avuto la stessa impressione positiva ad Arenzano con una tribute band di Vasco. Bravi tutti e perfettamente amalgamati in quel suono piacevole e non fastidioso che buca le casse.
    Un’altra cosa io amo il mare da settembre a maggio e non sopporto odore delle creme 😁

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