Buon compleanno, Blues!

Come diceva il compianto Pino Daniele, “A me me piace ‘o blues”: e non poco, ma parecchio! E, come succede per una persona cara, approfitto di questa data per fare gli auguri di Buon Compleanno al Blues, per il suoi 120 anni.

Eh si… Per quanto possa apparire assurdo, nel 2003 una risoluzione del Senato degli Stati Uniti ha stabilito che il 1° Febbraio di quell’anno avesse inizio “l’anno del Blues”, con una serie di celebrazioni e incontri a tema: e, di conseguenza, questa data è diventata il suo compleanno.

Si lo so, è un’americanata, direte: e come darvi torto? Come fa un genere musicale – e soprattutto uno come il Blues, nato dal basso e attraverso lentissime elaborazioni, appropriazioni e sintesi – ad avere un inizio così certo? Ovvio, si tratta di una convenzione, calata dall’alto e che fa il paio con tutte le varie “giornate di qualcosa” che esistono nel mondo (a proposito, oggi è la “giornata mondiale del velo islamico”…): ma il motivo per cui è stato scelto proprio il 1903 è interessante: e ve lo racconto.

W.C. Handy è un artista di colore vissuto a cavallo fra Otto e Novecento, e considerato “The Father of the Blues”: sono infatti suoi una serie di spartiti e dischi storici con la parola “blues” nel titolo, che all’epoca hanno venduto a pacchi (come “Memphis Blues”, il famosissimo “St. Louis Blues”, “Yellow Dog Blues”, “Beale Street Blues” e “Harlem Blues”), e che soprattutto hanno diffuso a livello nazionale il termine e il lessico “blues”… Roba che in realtà girava da tempo fra la gente di colore del Sud, ma priva di appeal commerciale e di dignità di stile.

W.C. Handy, nel 1903, è un rispettato capobanda con una solida istruzione accademica alle spalle, di casa nelle sontuose feste delle piantagioni con un repertorio “rispettabile” e convenzionale: nulla a che vedere con i canti folk ascoltati nell’infanzia, e che giudica grezzi e volgari. In un periodo imprecisato di quell’anno è alla stazione di Tutwiler, in pieno Delta del Mississippi, in attesa del treno: e, come racconta lui stesso, un nero male in arnese, seduto accanto, intona “la musica più strana che abbia mai sentito”. La chitarra emette un suono triste, quasi umano, mentre una lama di coltello scivola sulle corde, “alla maniera dei chitarristi hawaiani”. Il testo è semplicissimo: “Goin’ where the Southern cross the Dog”, ripetuto tre volte, e sempre seguito da una risposta dello strumento.

Ma mica ci fermiamo qui! Siamo, di nuovo, nel 1903: Handy ha appena finito il turno in una sala da ballo di Cleveland, quando sul palchetto sale una band nera: un gruppo di straccioni, che ripete all’infinito lo stesso motivo, “ossessionante e rozzo… Ma che raccoglie molti applausi, e soprattutto incassa in mance una piccola fortuna! W.C., finalmente, ha l’illuminazione: capisce quanto possano esser interessanti, autentici (e redditizi) i canti della sua gente, e mette la sua abilità al loro servizio, iniziando a comporre e pubblicare canzoni più strutturate e “industriali”.

Ora, è evidente che la data “1° Febbraio” è costruita a capocchia: chi lo sa, forse era un “giorno libero”, senza altre strane ricorrenze scritte sul calendario! Ed è accertato che era da una ventina d’anni che il blues-prima-del-blues era in giro in incognito; e che, per altri vent’anni, non sarebbe stato quello che conosciamo noi. Però, nel Sud di quegli anni,  nell’aria doveva esserci davvero qualcosa di denso e forte, e che stava raggrumandosi in uno stile ancora da codificare. Tanto che Ma Rainey, la prima cantante blues della storia, afferma di aver ascoltato, nel 1902, nel Missouri, un canto selvatico, dai versi “strani e pungenti”, straordinariamente toccante, e che la ispira a lasciare il vaudeville per prendere la strada che la renderà famosa.

Questa, in sintesi, la storia. Al di là dei legittimi dubbi su una tale calendarizzazione, che può anche fare scuotere la testa, ma che ha qualche appiglio, perché non approfittare della ricorrenza per “fare gli auguri” a un genere così importante, e da cui, attraverso i decenni, si è originata praticamente tutta la musica moderna?

Io glieli faccio: anche perché il Blues – figlio di una secolare storia di deportazioni, schiavitù e razzismo – ne ha viste di tutti i colori! Una per tutte: la traduzione, in piena epoca fascista, del classico “St. Louis Blues” col comico – ma assolutamente autarchico – titolo di “Le tristezze di San Luigi“… Ma di questo – del rapporto fra il Fascio e le “musiche negroidi”, con tutto il suo corollario di follie e perversioni linguistiche – parlerò presto!

A risentirci!

8 pensieri riguardo “Buon compleanno, Blues!

  1. Al di la di tutto, soltanto il fatto di sottolineare una data, può essere utile proprio per il veicolo “musica”, soprattutto per i giovani, anche perché proprio dal blues è nato il rock e tutto ciò che ne consegue. Vuol dire che ascolteremo grandi concerti. Grazie per la dritta… 😉

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