Pink Floyd – “Hey Hey Rise Up!”

Un nuovo singolo dei Pink Floyd, qualunque sia, fa sempre notizia… Anche se, ovviamente, non come 40 anni fa. In questo caso si tratta di un’operazione che di artistico in senso stretto ha abbastanza poco, ma che fa parlare di sé per la sua natura e la sua origine: perché, in questo caso, è strettamente connessa alla guerra in Ucraina.

Il cantante ucraino Andriy Khlyvnyuk, della band Boombox, poche settimane fa, aveva postato un video in cui, vestito da militare, in una piazza deserta di Kiev, cantava a cappella la canzone “Oh, the Red Viburnum in the Meadow“, risalente alla Prima Guerra Mondiale (scusate l’approssimazione, ma mi pare una specie di “La leggenda del Piave” in salsa ucraina).

David Gilmour, che ha una nuora ucraina, ha sentito il pezzo, ha chiamato l’unico Floyd con cui è ancora in contatto – il batterista Nick Mason – e assieme ai rodati session man Guy Pratt e Nitin Sawhney, ha inciso una parte strumentale, su cui ha poi disposto il vocale di Khlyvnyuk. Ne è uscito così fuori il nuovo singolo, pubblicato proprio oggi, i cui incassi saranno in qualche modo devoluti in beneficienza, e il cui titolo “Hey Hey Rise Up!” è la traduzione dell’ultimo verso della canzone originale.

Di artisticamente rilevante, dicevo, c’è poco: il solito assolone strappamutande di Gilmour, e poco altro. Semmai è l’operazione a suscitare qualche interesse: comunque la si pensi sulla guerra, questo pezzo rappresenta uno degli estremi tentativi di quell’ideologia che vedeva il rock e i suoi alfieri proporsi come attori del cambiamento del mondo… E sappiamo, nel bene e nel male, come questa idea sia andata a finire. Non è nemmeno, a dirla tutta, un tentativo così originale, anche nella guerra russo-ucraina: i musicisti sudafricani The Kiffness hanno – e prima dei Floyd – pubblicato online un remix dell’incisione vocale di Khlyvnyuk, sempre a supporto della resistenza ucraina.

Ma tant’è: il nome Pink Floyd è un marchio che vive e vivrà per anni ancora, e venderà. Spero solo che gli incassi (ma quanti mai saranno?) vadano a finire nelle mani giuste: che di porcherie ce ne sono già abbastanza, in questa situazione, e non c’è davvero bisogno di aggiungerne altre.

20 pensieri riguardo “Pink Floyd – “Hey Hey Rise Up!”

      1. Mi sembra inopportuno e ruffiano. Credo che gli artisti di questo livello dovrebbero essere al di sopra di questa tipo di esposizione.
        Se intendono fare del bene, lo facciano in silenzio.
        Queste sono cose sa Fedez e compagnia bella.

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      2. Ci sono tanti modi di attivarsi per dare aiuto, chi è così ricco potrebbe comprare case senza fare propaganda, e accogliere i rifugiati, per esempio.

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  1. I Pink Floyd fanno parte ormai, come avevo scritto da qualche parte, del dominio della musica classica dove sono ascritti i celeberrimi pezzi eterni. Il resto, è marketing ed ormai la storia di un gruppo storico che ha cambiato la sensibilità acustica di milioni di persone, non si può alterare o modificare.

    …Come andare al cimitero portando dei fiori e dedicando pensieri e ricordi ! … Magari qualche lacrima per non essere ancora tra noi !

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  2. Ciao a tutti.
    A mia modestissima opinione zio Roger l’ultima cosa notevole lha pubblicata con Amused to death, dopo di discograficamente nuovo non c’è più nulla fino al recente Is this… Che a voler essere indulgenti musicalmente è una continua citazione del passato, in modi a volte anche imbarazzanti (picture this è praticamente un autoplagio). Sembra quasi che lha pubblicato per avere il pretesto di tornare in tour e… suonare le ultime cose del vecchio repertorio pf che gli erano rimaste fuori nei tour precedenti. Per fortuna cmq nei live ci ha regalato grandi momenti, spettacoli ogni volta più magniloquenti ed emozioni, ne avrò visti almeno sette.
    DG mi permetto di dire che mi è sembrato meno prigioniero del passato, al punto di rinunciare ostinatamente al marchio pf già dal lontano 94. Ha pubblicato lavori solisti che lo rispecchiano molto, poi ad alcuni di noi piacciono ad altri meno ma quello fa parte del gioco.
    Ora su questo singolo onestamente non mi metterei a dare giudizi sui contenuti artistici, considerata la particolare genesi. Mi ha sorpreso e mi sembra notevole il fatto che abbiano voluto usare il marchio pf non per un nuovo tour autocelebrativo e autoreferenziale, ma per prendere con chiarezza posizione su quanto sta accadendo in Ucraina e sensibilizzare le persone. Comunque la pensiate, è un gesto schietto, clamoroso e coraggioso. Rifletterei piuttosto sul fatto che nel mondo del rock cose del genere debbano farle due panciuti signori di 80 anni… Is there anybody out there?!

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    1. D’accordo sulla recente discografia di Rogerone: il suo punto di forza sono ormai i testi, sempre belli, e le ballate acustiche, mentre sui pezzi più tipicamente rock mostra la corda. Meno d’accordo su Gilmour, che a mio parere continua a riproporre la solita minestra di gran mestiere chitarristico su tappeti armonici sentiti e strasentiti. Sul fatto che una guerra possa ispirare canzoni e prese di posizione si, è ovvio che ci stia: ma con la guerra delle Falkland e “Final Cut” (per restare ai PF) la cosa fu decisamente più a fuoco. Grazie per la risposta!

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