Family, Genesis e Marillion: good vibrations (seconda parte)

Voci in Progresso

…continua dalla Prima Parte.

“Gabriel imita Roger Chapman? O è Chapman che imita Gabriel?” Questo era il quesito con cui ci eravamo lasciati, qualche tempo fa.

Se badiamo alla pura e semplice cronologia, parrebbe che l’ipotesi più probabile sia “Gabriel clone di Chapman”: “Music in a Doll’s House” esce a Luglio ’68, “From Genesis to Revelation” a Marzo ’69. Voilà, giusto il tempo per sentire il disco e “ispirarsi”. Ma è anche vero che i Genesis hanno iniziato a incidere i primi demo all’inizio del ’67, un buon semestre in anticipo sul debutto a 45 dei Family. Purtuttavia, l’esordio vocale di Chappo è fin da subito più caratterizzato di quello di Peter, che solo successivamente inizierà a spingere sul tremolio dell’ugola… E così potremmo andare avanti all’infinito, indecisi fra la luce di una star come Gabriel, e il fascino da “artista minore” di Chapman. Per fortuna è quest’ultimo, sollecitato a dire la propria, a chiudere salomonicamente la questione: “We were all in the same company. We were all listening to each other’s records”.


Perché è sempre così che capita: quando le vitamine circolano, gli enzimi pompano e l’energia scorre, tutti gli “uno” diventano inconsapevoli parti di un “noi” e – come nell’entanglement quantistico – quando uno fa una cosa in un posto, un altro la farà istantaneamente in un altro, come per magia. A maggior ragione nella famiglia allargata del Progressive, che cresce col comune intento di fare una musica diversa, con maggiore spessore culturale, che porti il rock in un altrove tutto da scoprire: e così, fra arpeggi intrecciati, contaminazioni etniche e classiche, concatenazioni tematiche e tempi dispari, anche la voce cerca – e trova – una sua cifra distintiva. La fonte, come al solito, è l’espressività vocale black: ma elaborata attraverso un processo tutto mentale, che trasforma lo spontaneo melisma e il growl dei neri in un vibrato dalle connotazioni personali, pensato e studiato fino all’ultima nota.

Non che tutti i cantanti prog siano emuli di Chapman: per il belato caprino di Chappo c’è quello tenoril-leggero di Jon Anderson, e per il placido e fermo canto di Greg Lake c’è il gelido speaking di Peter Hammill… Ma mai come in questo periodo si sono sentite voci pop così personali, estreme e difficili. Perché, se Gabriel ha un timbro sì originale, ma pur sempre orecchiabile, altrettanto non si può dire per il tormentato e sanguigno Howard Werth degli Audience, per l’androgino David Surkamp dei Pavlov’ Dog, e soprattutto per Roger Wootton dei Comus: una voce sofferta, tremula, a tratti spettrale, in continuo contrappunto con quella (acutissima) della collega Bobbie Watson. I due agiscono immersi nelle spettrali atmosfere musicali dei colleghi, che con oboe, violino e viola dipingono arcane evocazioni precristiane: l’inquietante album d’esordio “First Utterance” (1971) è una di quelle esperienze che non si digeriscono (e dimenticano) facilmente.

Insolito – ma per altri motivi – è incappare nel nostro Bernardo Lanzetti. Cremonese, dopo gli studi negli States torna nel belpaese e fonda il prog group degli Acqua Fragile: nel ’76 entra infine nella PFM, con cui realizzerà tre album e soprattutto intraprenderà la storica tournée americana. Insolito sia per il timbro vocale – più vicino all’esasperato vibrato di Chapman che a quello più morbido di Gabriel – sia per la scelta di cantare in inglese… E che ne fa il vocalist più internazionale d’Italia, assieme al mai dimenticato Demetrio Stratos.

E così, di plagio in emulazione, di suggestione in omaggio, arriviamo a quello che per molti è l’imitatore più pedissequo e banale del mazzo. Lo scozzese Derek William Dick, in arte Fish, canta e sta sul palco come Gabriel: proprio come i suoi Marillion sembrano – e sono – un aggiornamento anni Ottanta dei Genesis… E qui si scatenano le critiche e i livori: soprattutto da chi, complice il Punk, sperava che spille e rock’n’roll avessero fatto piazza pulita delle lambiccate arditezze Prog. Io non sono fra quelli. Mal sopporto, è vero, gli Oceani Topografici degli Yes, le baracconate in tunica di Rick Wakeman e le estenuanti performance degli ELP: ma adoro “Selling England by the Pound”, “Tarkus” e “Family Enterteinment” tanto quanto “Anarchy in the UK” e “Blitzkrieg Bop”. E voglio intendere la scelta dei Marillion come un atto d’amore: di un gruppo di artisti innamorati persi del Prog, disposti a perdere in identità pur di giungere alla completa (con)fusione con l’amato bene.

L’hanno fatto gli Zeppelin e gli Stones con i bluesmen di Chicago, l’ha fatto Dylan con i folk singer sindacali degli anni Venti: e l’ha fatto pure Phil Collins, che nei dischi dell’immediato post-Gabriel gioca con successo a imitare l’illustre fuoriuscito. E non poteva farlo Fish? Che, fra parentesi, è un omone di un 1 metro e 97, e pesa circa 130 chili: un armadio a due ante. Con una vecchia battuta, si potrebbe dire che sembra la custodia di Gabriel… Anzi, una matrioska. Quella più grezza ed esterna, che – basta svitare – racchiude nel proprio cuore tutte le altre, Chapman e Gabriel compresi: le più preziose e importanti.

Abbiamo parlato di:

Family – “Music in a Doll’s House” (studio album)

Pubblicazione: 19 Luglio 1968 – Reprise Records

Genesis – “From Genesis to Revelation” (studio album)

Pubblicazione: 7 Marzo 1969 – Decca Records

 

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