Alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, la Cajun music deve affrontare un’importante snodo: le grandi sale da ballo stanno passando di moda, mentre la vitalità della musica nera sta gradualmente conquistando terreno e contagiando tutti i generi moderni. È ora di affrontare la questione, e riconoscere che sotto la propria pelle si agita il ritmo dell’Africa: è il momento, in parole povere, dello Zydeco.
Lo Zydeco ricalca buona parte del repertorio Cajun, ne ripete le abitudini linguistiche (l’idioma preferito resta, almeno nei primi anni, il francese), e conferma la vocazione di musica da ballo: ma, rispetto alla tradizione, attribuisce maggior peso specifico agli elementi caraibici e afroamericani. Le influenze blues e rhythm’n’blues si fanno sentire soprattutto nell’approccio e nel sound (più aggressivi), nella strumentazione (dove, a fianco dell’accordion, compaiono anche batteria e chitarra elettrica) e nelle linee melodiche, che si colorano di blue note.
Nonostante lo Zydeco sia il frutto estremo della lenta e progressiva evoluzione della musica francofona della Louisiana – e malgrado esistano importanti antecedenti, come “Bon Ton Roula” di Clarence Garlow (1949) e “Paper in My Shoe” di Wilson Anthony “Boozoo” Chavis (1954) – gli storici della musica si divertono a fissare la sua nascita in un momento posteriore: la pubblicazione, nel 1965, del classico “Les Haricots Sont pas Salés”. In questo disco, in effetti, si trovano concentrati tre elementi fondamentali: un artista (Clifton Chenier), il suo strumento (il rubboard – frottoir) e lo stesso termine “Zydeco”.
Iniziamo dal vocabolo: “Zydeco” è la traslitterazione della prima parte del testo del brano “Les haricots sont pas salés” (“I fagliolini non sono salati”) [1], una frase che in dialetto creolo si pronuncia grossomodo come “leh-zy-dee-co sohn pah salay”. La canzone è incisa da Clifton Chenier (1925-’87), accordionista di colore attivo fin dal 1954, e grande fan di Muddy Waters, Lightin’ Hopkins e Fats Domino. Con lui l’accordion passa definitivamente dal modello arcaico “single-row” (con una sola fila di tasti melodici) nel più flessibile “triple-row” [2] e infine nel “piano-accordion”, che presenta una tastiera equivalente a quella di un pianoforte, e garantisce l’esecuzione di blue note e tonalità differenti.
Chenier è responsabile, inoltre, dell’invenzione del rubboard (in francese, “frottoir”), lo strumento che assieme all’accordion costituisce il nucleo di ogni band Zydeco. Al legno del vecchio washboard si sostituisce una superficie in metallo ondulato, percossa dalle dita – protette da cappucci metallici – o da cucchiai; la piastra è modellata in modo da poter esser indossata al petto e fissata attorno al collo, e consentire così al musicista maggior libertà di movimento.
Chenier è il primo, fra tutti gli artisti Cajun, a firmare per una casa discografica – la Specialty Records – attiva sul fronte rock’n’roll. La sua Red Hot Louisiana Band è innovativa, non solo nello stile, ma anche nella formazione: oltre a Clifton alla voce e accordion, e al fratello Cleveland al rubboard, accoglie anche la chitarra elettrica, il basso elettrico, la batteria, e in certi casi i fiati.
L’emersione definitiva dello Zydeco rende manifesta quella tensione, da sempre esistente nella musica Cajun, fra un’anima “francese” e una “afroamericana”: un contrasto che, a partire dagli anni Venti, ha lentamente iniziato a far sentir le sue ragioni, in modi spesso sotterranei, e che ora trova le motivazioni culturali per rendersi evidente. Lo Zydeco, non a caso, si sviluppa negli anni Cinquanta proprio nel sud-ovest della Louisiana e nel Lapland: zone oggetto di una rapidissima urbanizzazione a seguito del boom petrolifero degli anni Trenta, e scosse da un’intensa migrazione di cajuns e black creoles.
Come il rhythm’n’blues è la versione urbanizzata e moderna del blues rurale, lo Zydeco di può definire come l’adattamento urbano della musica Cajun tradizionale. L’energia, il sound percussivo, il ritmo sincopato e allegro, e una buona dose di improvvisazione contraddistinguono il mood dei Chenier: caratteri che diventeranno il sale di tutto lo Zydeco maturo, e lo accompagneranno lungo gli anni Settanta e Ottanta, grazie all’opera di musicisti come Buckwheat Zydeco, Beau Jocque e Chris Ardoin.
[1] Si tratta di una frase idiomatica, che al di là del suo senso letterale significa “Non ho notizie piccanti per te”.
[2] Un’analoga evoluzione è percorsa, nel medesimo periodo, anche dall’accordion tejano.
Articolo tratto da “Il Grande Viaggio” – Vol. 1 – Parte Terza
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