La musica pop in Unione Sovietica #1 – Fra Jazz, impicci ideologici e Celentano

Buongiorno a tutti. Inizio oggi una breve serie dedicata alla storia della canzone in Unione Sovietica… E no, non perché voglia “pareggiare ideologicamente” la serie sulla musica durante il fascismo: è perché l’argomento di come le dittature temano le espressioni artistiche è sempre interessante, almeno per me, e dice molto delle piccole e grandi follie di cui è capace l’uomo; e, anche, di come lo stesso uomo riesca a sopravvivere, e a farsene beffe.

Rispetto a quanto avviene in Italia, il regime dittatoriale in Unione Sovietica investe un periodo temporale ben più ampio: da noi, una ventina d’anni; a Mosca, una settantina buona. Va da sé che, volendo rimanere nell’ambito di una chiacchierata generalista, debba cercare di asciugare un po’ il succo, senza sbrodolare troppo… Ci provo, poi mi direte come è andata, ok?

  • Una questione di idee

Diversamente dalle “concorrenti” dittature fasciste e naziste, nella canzone in Unione Sovietica l’aspetto xenofobo o razziale è praticamente estraneo da qualunque discussione di opportunità espressiva: tutto si misura nel conformismo ideologico ai principi guida del Soviet. Se, secondo i censori, un genere musicale o una canzone confermano – o non mettono in discussione – le idee comuniste, bene; ma guai se provano a diffondere i perniciosi “valori borghesi e capitalisti”, o a criticare le decisioni del Cremlino! Sembra facile, no? Eppure no, non lo è per nulla!  Continua a leggere “La musica pop in Unione Sovietica #1 – Fra Jazz, impicci ideologici e Celentano”