25 Luglio 1965: Bob Dylan e lo “scandalo elettrico”

Il lancio di “Bringing It All Back Home”, il quinto album di Bob Dylan, coincide con la serata finale di un tour a quattro mani con la collega e fidanzata Joan Baez: ma ormai Bob è più famoso di lei, e l’identificazione con quel folk di protesta di cui è ormai il simbolo gli va stretta. Eppure, tre soli mesi dopo, sabato 24 Luglio, ecco Dylan raggiungere Newport: il tempio del folk duro e puro, dove è atteso come un messia per la quinta edizione del Festival. Tutto sembra pronto per un’altra, ennesima, apoteosi.

Al seminario pomeridiano, Bob si presta per un set interamente acustico: ma, di ritorno ai camerini, sente l’eminenza grigia del folk, Alan Lomax, liquidare con supponenza la Paul Butterfield Blues Band, gruppo elettrico invitato per un’esibizione collaterale. “Ah si? È questo che pensano? Li sistemo io!”. Passa poco, e Bob ha già reclutato in gran segreto parte della band e l’organista Al Kooper, e sta provando la scaletta per il giorno dopo: un temporale sta per abbattersi sul Rhode Island… Continua a leggere “25 Luglio 1965: Bob Dylan e lo “scandalo elettrico””

Visto al cinema – “A Complete Unknown”

Ciao a tutti. Che Bob Dylan sia – oltre che un meraviglioso artista – un personaggio che sfugge a ogni tentativo di narrazione è ormai, più che un dato di fatto, un luogo comune. D’altronde è lo stesso Bob a rifiutare categoricamente qualsiasi apparentamento, spesso in modo provocatorio: uomo che non conosce che una posizione – quella di radicale – e che, quando abbraccia una fede, una qualsiasi, lo fa per intero, senza risparmiarsi; ma che è a anche pronto, quando questa fede non lo convince più, a scrollarsela di dosso senza un rimpianto, come cenere da una sigaretta.

Il cinema ha cercato più volte di rendere conto di questa inafferrabilità: sia con documentari in stile cinéma vérité (“Dont Look Back” di D. A. Pennebaker, 1967) sia con film narrativi ma totalmente spiazzanti come “I’m Not There” di Todd Haynes (2007), in cui la figura di Dylan è riflessa come in un caleidoscopio dalle interpretazioni di ben 6 attori differenti, fra cui anche un’attrice femmina (la fuoriclasse Cate Blanchett).

A Complete Unknown“, sposa invece la tesi opposta: “è possibile”, si chiede il regista James Mangold, “fare un biopic su Dylan secondo le forme del mainstream statunitense?“. Se lo chiede, e lo fa: e, devo dire, ci riesce pienamente. Merito di molti aspetti: di un casting che non fa una grinza, di una regia silenziosa ma sempre a fuoco, di una scenografia che sposa la verosimiglianza senza cadere nel calligrafismo, di una sceneggiatura che – pur scontando qualche inevitabile caduta nel romanzesco – riesce a descrivere benissimo l’ambiente, gli amici, i rivali e gli anni più importanti del nostro caro Bob: quelli compresi fra il suo arrivo al Greenwich Village nel 1961 e il “tradimento elettrico” di Newport, 1965. Cinque anni che valgono una vita intera. Continua a leggere “Visto al cinema – “A Complete Unknown””