I falsi miti della musica #4 – Rita Pavone e i Pink Floyd

La leggenda del pavone rosa

A pochi metri da dove abito, c’è la casa natale di Rita Pavone; e il primissimo 33 giri che maneggiai fu proprio una sua raccolta, che una vicina mi aveva regalato, convinta (e forse era vero) che un bambino di 6 anni potesse divertirsi all’ascolto di “Sul cucuzzolo” e “Viva la pappa col pomodoro”. Poi, sinceramente, la Pavone uscì dai miei radar fino a quando, sfogliando il libro con i testi tradotti dei Pink Floyd , edito da Arcana alla fine degli anni Settanta, mi imbattei in un curioso accidente, riguardante il testo di un certo brano…

La canzone in questione non è certo la più famosa: si tratta di “San Tropez“, quarta traccia del fondamentale album “Meddle” (1971). Nulla di psichedelico, nulla di aspro, nulla di spaziale, poco “floydiano”: mosso da un inusuale andamento swingante e rilassato, il brano ha dalla sua una melodia piacevole, e qualche punzecchiatura verso il mondo del lusso borghese… E, soprattutto, ospita una delle più assurde leggende metropolitane di ambito musicale della storia. Perché i versi finali della canzone, ambientata nella pigra e assolata Costa Azzurra, sembrerebbero recitare “I hear your soft voice calling to me / making a date for Rita Pavone / and if you’re alone / I’ll come ho-ho-home“: cioè, “Sento la tua voce dolce che mi chiama / che dà appuntamento a Rita Pavone / e se sei sola verrò a casa“. Questo, almeno, quanto riportato – per la sola Italia! – nel libro di Arcana: che, fra l’altro (secondo errore!) attribuisce la firma al tastierista Rick Wright, e non al reale autore, Roger Waters, e ne dà un giudizio tutt’altro che positivo. Continua a leggere “I falsi miti della musica #4 – Rita Pavone e i Pink Floyd”

Pink Floyd – “Meddle”

Ambassadors of morning

E’ roba un po’ strana, “Meddle”. Perchè i Pink Floyd, nel ’71, sono sì una band di successo, ma nemmeno gli schiacciasassi che diventeranno a breve; e, quindi, possono ancora bighellonare fra suite, pezzi da 3 minuti e cazzeggi, sperimentando in santa pace, e passare un intero tour a provare cose nuove. Oggi, con l’istantaneità incombente dei tweet e dei tube, me la vedrei davvero dura fare dei tour di prova: il tempo di mettere in fila due note, e il mondo sarebbe già lì a dare titoli, fare congetture e postare opinioni… Tanto da rendere il pezzo obsoleto all’epoca della sua uscita. Invece i nostri quattro, beati loro, impegnano il ’71 fra un concerto e una session , e proponi e correggi, aggiusta e registra, ecco che a fine Ottobre la loro ultima creatura può vedere la luce.

Un album ambiguo già dalla copertina: che vorrebbe raffigurare un padiglione auricolare immerso nell’acqua, con tanto di onde sonore, ma che – come ammetterà lo stesso genio del graphic design Storm Thorgerson – non riesce a rendere giustizia all’idea. E pure il titolo non è da meno: “meddle” significa “impicciarsi degli affari altrui” ma si pronuncia come “medal”, “medaglia”: un gioco di parole senza particolari significati, ma che piaceva al gruppo.

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