Domani avvenne: da lunedì 26 settembre 2022 a domenica 2 ottobre

26 Settembre 1954: a Forlì nasce Carla Bissi. Fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta partecipa a vari eventi canori, compreso Castrocaro e Sanremo, e nel 1975 cambia nome nel più noto Alice. Nel 1980 giunge la svolta che dà definitivo impulso alla sua carriera: l’incontro con Franco Battiato e il suo arrangiatore Giusto Pio. Arrivano così canzoni originali (“Il vento caldo dell’estate”, “Per Elisa”), e album in cui, con la sua originale voce dai toni bassi, interpreta in modo magistrale il repertorio del suo mentore Battiato. La sua carriera, dagli anni Novanta in poi, si sposta su territori più eccentrici ed ermetici, molto apprezzati dalla critica, con collaborazioni con artisti di respiro internazionale.

27 Settembre 1912: l’autore e musicista afroamericano W.C. Handy auto-pubblica lo spartito “The Memphis Blues“, il primo blues immesso sul mercato. Sulla reale del pezzo paternità vi sono innumerevoli ipotesi, spesso contraddittorie: ma “carta canta”, e così Handy conquista la palma per questo importante primato storico. La canzone sarà poi pubblicata su disco nel 1914, per la Victor.

28 Settembre 1938: a Henderson (North Carolina) nasce Benjamin Earl Nelson, meglio noto come Ben E. King. Autore e cantante, dopo il percorso nei Drifters tenta la carriera solista, e nel ’61 scrive e interpreta una delle canzoni più famose della storia: “Stand By Me“. Un evergreen mondiale, che si giova di un giro di basso insinuante e molto intrigante, e di una progressione armonica di grande naturalezza.

29 Settembre 1992: per la Columbia esce “Dirt“, il secondo album della Grunge band Alice in Chains. Realizzato con il cantante e leader Layne Staley ormai in preda dell’eroina, e il cui umore influenza fortemente testi e sound delle canzoni, è uno dei dischi più rilevanti dell’epoca: in scaletta allinea pezzi da 90 come “Would?”, “Them Bones”, “Angry Chair”, “Rooster” e “Down in a Hole”.

30 Settembre 1942: a New York, da famiglia portoricana, nasce Frankie Lymon. A 12 anni anni entra in un gruppo di conterranei che cantano agli angoli delle strade del Bronx, i Teen-agers: il loro fulmineo esordio, “Why Do Fools Fall in Love?” (1956), impone ai media Frankie, ancora quattordicenne, in possesso di una straordinaria e anomala voce da soprano, e con una simpatica faccia da schiaffi. Ma non è tutto oro quanto luccica… Frankie è il prototipo di tutti i futuri e sfortunati teen-idol, e la prima vittima sacrificale della musica moderna: la sua vita terminerà infatti a soli 26 anni, per un’overdose, dimenticato da tutti.

1° Ottobre 1966: al Central London Polytechnic di Regent Street, durante un concerto dei Cream, l’aspirante manager Chas Chandler avvicina Eric Clapton e a sorpresa propone il suo protetto, l’ancora sconosciuto Jimi Hendrix, per una jam session… Tutti restano di sasso: Clapton è “Dio”, chi mai sarà questo sconsiderato che osa tanto? Il nuovo venuto entra in scena, e senza pensarci attacca un’indiavolata “Killing floor”. Il pubblico è in visibilio; Eric, offeso e stordito, sibila al gestore: “Mi avevi detto che era bravo… Ma non così bravo!”. Eh, ragazzi: non ce n’è più per nessuno. E’ arrivato Jimi!

2 Ottobre 1955: a Hinckley (UK) nasce Philip Oakey. Philip entra nel mondo del pop in modo assolutamente casuale: il complesso proto-synth di Sheffield “The Future” lo sceglie infatti soprattutto per il suo abbigliamento vistoso e la sua popolarità cittadina!  La band cambia subito nome nel definitivo “The Human League“: dopo il precoce abbandono degli altri membri fondatori, Oakey fonda una nuova squadra, e nel 1981 trova il successo mondiale, ponendosi all’avanguardia del cosiddetto synth-pop.

Canta che ti passa #6

Eccoci qui. Spero stiate tutti bene… Nel bene e nel male è trascorsa un’altra settimana, e di musica sotto i ponti ne è passata di nuovo un bel po’.

E, quindi, ho ascoltato per me (e per voi):

  • Black Rebel Motorcycle Club – “Take Them On, On Your Own“. Ricordate il film “Il Selvaggio”, con Marlon Brando nella parte del biker truce, ma dal cuore d’oro? Bene, la sua combriccola in pelle nera si chiamava proprio così: “Black Rebel Motorcycle Club” (in italiano, la “Banda dei Ribelli Motociclisti”). Un bel nome: e perfetto per quel musicista che sia in cerca di una sigla che evochi ribellione, rock stradaiolo e benzina. Tutta roba che in questo disco (il secondo dei BRMC, da Frisco) c’è, e in abbondanza: ma che, siamo sinceri, per quanto possa pompare e distorcere, alla fine sembra un po’ tutta uguale. Uguale a se stessa, innanzitutto: e poi, dicono i bene informati, uguale a quei Jesus and Mary Chain cui i BRMC sono stati spesso accostati, e da cui attingono a piene mani. Ho fatto un paio di confronti, e in effetti…  Ma non facciamo i rompini: dopo 40 anni di rock, è difficile – se non impossibile – inventare davvero qualcosa. E allora va bene così: anche se sono copioni, I BRMC almeno sanno da chi copiare (Jesus and Mary Chain, ma anche Stones)! I pezzi tirati non mancano  (“Six Barrel Shotgun” e “Rise or Fall” su tutti), ma il meglio, a mio parere, arriva con le più sospese e malate “And I’m Aching” e “Suddenly”: dove l’eco dello shoegaze si fa più forte, e in sintonia con le lente pulsazioni di queste nostre ore.
  • Alice – “Gioielli rubati“. Dunque, la ladra è Alice e il derubato Franco Battiato. Che proprio in quegli anni (prima metà degli Ottanta) sta spaccando il culo a tutti, col suo pop mistico-colto-elettronico. E la signora Carla Bissi, che col siculo Franco intrattiene da tempo un rapporto di rispetto e amicizia, prende i brani più intriganti del suo repertorio, e li rilegge assieme all’eclettico pianista Roberto Cacciapaglia. Il risultato conferma Alice come una delle interpreti più interessanti e complete del Belpaese: un po’ scostante, è vero, con quell’aria altera e algida che si porta addosso, e con quel timbro distante e sensuale… Ma resta, ed è, una grande (oltre che una bella donna). Nella raccolta brillano particolarmente “Gli uccelli”, “Summer on a solitary beach”, “Le aquile” e una “Prospettiva Nevski” tanto indovinata da superare, e di una buona incollatura, l’originale. L’album vince il Premio Tenco, si piazza bene in Svizzera e Austria, e contiene una chicca: “Luna indiana“, uno strumentale di Battiato qui arricchito da un testo, scritto per l’occasione da Francesco Messina. E in questi giorni, dalla finestra, si vedono più uccelli che persone: “Voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale“… Che belli sono: e volano.
  • U2 – “Wide Awake in America“. Un mini cd (anzi, un EP): quattro pezzi, due live, e due in studio, concepiti nel periodo d’oro della band irlandese. I brani sono tutti, più o meno, noti: “Bad” e “A Sort of Homecoming” vengono direttamente da “The Unforgottable Fire” (e sono qui presi da due concerti distinti, a Birmingham e a Londra), mentre “The Three Sunrise” e “Love Comes Tumbling” erano state precedentemente inserite in un maxi-singolo disponibile per il solo mercato anglo-irlandese. Ma è sempre un gran bel sentire: Larry e Adam, col loro incedere marziale e oscuro, il tagliente The Edge, col suo arsenale di pedali ed effetti, e Don Bono Vox da Dublino, il conduttore della Messa cantata. Il titolo dell’EP deriva dal chorus di “Bad” (“Wide awake / I’m wide awake / I’m not sleeping”)… Ma sono altre parole a risuonare più forte, oggi, nel mio cuore: e le dedico a me, e a tutti noi.

 

 

This desperation, dislocation, separation, condemnation, revelation, in temptation,

let it go and so to find a way”

Across the fields of mourning to a light that’s in the distance oh, don’t sorrow, no don’t weep,

for tonight at last I am coming home… I am coming home”

 

Abbiamo parlato di:

Black Rebel Motorcycle Club – “Take Them On, On Your Own” (Virgin Records, 2003)

Alice – “Gioielli rubati” (EMI, 1985)

U2 – “Wide Awake in America” (Island Records, 1985)