Ciao a tutti. Come spesso capita, arrivo tardi sulle polemiche del giorno: la questione Mannoia-Ruggeri (che, da cosa ho capito, risale a quasi un mesetto fa) è giunta alle mie orecchie da pochissimo, ma ha avuto già il tempo di scavare qualche solco nella mia coscienza. Molti di voi probabilmente ne sono già a conoscenza, ma un minimo di riassunto è d’obbligo.
“Quello che le donne non dicono” è una (gran) canzone scritta da Luigi Schiavone ed Enrico Ruggeri, e portata al successo (siamo nel 1987) da Fiorella Mannoia. Ruggeri, quando scrive il testo, assume il punto di vista di una donna: un ritratto femminile punteggiato da situazioni tipiche, ma tenute in bell’equilibrio da una scrittura compatta e sensibile, e sostenuto da una melodia azzeccata. Un brano che è diventato uno dei cavalli di battaglia di Fiorella; e un testo che – e capita a poche canzoni – è stato anche capace di generare modi di dire passati poi nel gergo comune, come “dolcemente complicate” o “portaci delle rose, nuove cose”.
Siamo negli anni Ottanta: e il ritratto di una donna che, per piacere al suo “lui”, accetta di adattarsi e cambiare, o che se riceve dei fiori è meglio disposta, e che – infine – anche se stanca dice “ancora sì” non scandalizza nessuno. E mi chiedo, sinceramente, chi dovrebbe scandalizzare. Situazioni stereotipate? Certo: siamo in radio, non in un simposio filosofico o sociologico. Frasi che parlano di donne arrendevoli e “materne”? Si: ma, anche, di donne capaci di destreggiarsi nell’eterno gioco dell’amore con una sapienza arcaica. Le donne sono tutte così? No, ovviamente: così come, ad esempio, le donne non sono sempre “le negre del mondo” (per citare John Lennon), non sempre “vogliono solo divertirsi” (Cyndi Lauper), o non sono tutte come la protagonista di “(You Make Me Feel Like) A Natural Woman” di Aretha Franklin, che grazie al suo lui si sente “una vera donna“.
Eppure, nonostante “Quello che le donne non dicono” continui a essere un punto fermo nei concerti della Mannoia, da qualche tempo la Fiorella nazionale ha iniziato a prendere di mira alcuni suoi versi. Prima se l’è presa con la frase “se ci confondiamo un po’“, cambiandola in “se ci trasformiamo un po’“: “In quella frase ci vedo un’ammissione di debolezza che non trovo appropriata“, ha dichiarato. Più recentemente, invece, ha eliminato il “sì” alla fine del ritornello (“Ti diremo ancora un altro sì“), rimpiazzandolo con un “forse” o un “se mi va“, o lasciando cadere nel vuoto un’eventuale promessa… Tutto ciò perché, in estrema sintesi, la Mannoia ritiene che il testo contenga latenti tracce di maschilismo.
Ruggeri si è piccato: “E’ una canzone dell’87, un’era geologica fa. Per me è la canzone delle speranze disattese. Noi uomini siamo come politici in campagna elettorale: siamo bravissimi a fare grandi promesse di cui non siamo all’altezza“. E, soprattutto, ritiene non corretto cambiare il testo di una canzone perché non più adeguato al “sentire” di un certo tempo.
La questione non è banale, ma alla fine (almeno per me) è anche semplice. Non ne faccio una questione di simpatia personale (Ruggeri, per inciso, non mi è simpaticissimo) o di ideologia, ma di buon senso: la “cancel culture” è un atteggiamento che, spesso ispirato da principi corretti, trascina spesso se stesso e i suoi alfieri nel ridicolo, ottenendo l’effetto opposto. Come dice Ruggeri, “Se ti metti a discutere parola per parola ci sono tante vecchie canzoni piene di incongruenze, alla luce di oggi“. Tanto per dire, “Ricominciamo” di Pappalardo, “Non è Francesca“, “Colpa d’Alfredo“, “La donna d’inverno” di Conte, “Under My Thumb” degli Stones, “Voglio una donna” di Vecchioni, tantissimo blues anteguerra e praticamente tutta la discografia degli Squallor: così, giusto le prime che mi vengono in mente!
Ogni cosa è figlia della sua epoca: e ci sta che – al mutare dell’ambiente culturale – certe frasi o sottintesi possano oggi scricchiolare; ma cambiare un testo, tradendo il suo autore e attualizzando un pensiero che attuale non è, è per me una cosa davvero stupida. Non condividi il messaggio di una canzone? La togli dal tuo repertorio: punto e basta.
E ciò detto, e comunque la pensiate, buone Feste! 🙂
Ho visto entrambi in concerto.
La Mannoia negli anni è cambiata, secondo me in peggio.
E’ diventata paladina di un certo pensiero.
Ho visto il concerto su canale 5 sulla violenze sulle donne
Escluse le canzoni, un misto di banalità e castronerie.
Sai perché non canta più le canzoni che l’ hanno fatta conoscere al pubblico di Lavezzi?
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No sinceramente non lo so. Prima volta la sentii in “Pescatore” di Bertoli
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Concordo assolutamente con te.E detto tra noi, quanto a simpatia anche Fiorella non brilla.
Cmq la canzone è bellissima così com’è, se non le piace non la canti, ma cambiare le parole non esiste.
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Non lo sapevo, è un’atrocità cambiare un canzone bellissima per seguire una moda idiota e molto scorretta, perché è di questo che si tratta. La Mannoia non mi è mai stata simpatica, ma come interprete la stimavo, non pensavo che potesse cadere così in basso per compiacere queste perversioni.
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Le battaglie x i diritti delle donne, uguaglianza e contro la violenza (sia fisica che psicologica o del linguaggio) sono sacrosante. Cosa non mi piace è voler attualizzare un pensiero di oggi a una cosa di ieri, e a tutti i costi: non mi piace sia perché atteggiamento per nulla logico, sia perché alla fine fa molto più danno che bene, sollecitando reazioni opposte.
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C’è un’ignoranza di fondo che vuole essere al passo con i tempi anche se i tempi sono idioti.
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Ci sono da considerare diverse cose, secondo me. 1: Ruggeri a me è sempre sembrato parecchio maschilista, anche negli anni ’80, e se come artista mi piace (ha scritto cose bellissime) come persona mi è un po’ meno simpatico. 2: non è vero che le canzoni sono immutabili nel tempo: molti artisti in concerto cambiano le parole del brano che stanno interpretando, perché gli va, o perché magari quella tal canzone era stata censurata e loro dal vivo la ripropongono come l’avevano pensata originariamente. Penso per esempio a De André ma anche a De Gregori. Certamente va detto che i due sono autori delle canzoni e la Mannoia no. La canzone è di Ruggeri e quindi lui si può legittimamente seccare. 3: Quello che le donne non dicono è una bella canzone ma ha un testo che non sempre va giù, perché dà un’immagine di donna come essere fragile e arrendevole, e generalizza questo concetto perché non è “quello che io non dico” ma “quello che le donne non dicono”, quindi ha la pretesa di descrivere le donne in generale. 4: è vero che ci sono canzoni che tutti noi abbiamo cantato e che sono molto più sessiste di questa, può essere vero che Mannoia voglia modificare qualche parola non tanto perché non ci si sente quanto per essere “politicamente corretta”… insomma, la questione è più complessa di quanto si possa pensare!
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Certo, ma appunto lei è un’interprete. Ovvio che legalmente può fare cosa vuole . Ma troverei più sensato nn eseguirlo che piegarlo a un nuovo senso comune. Il politicamente corretto purtroppo pur partendo da nobili scopi sta diventando (anche se, come dicevi tu, non sappiamo x certo se questo sia il caso) una prigione. Un abbraccio e inizio già ora a farti gli auguri di buone feste
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Grazie, tanti auguri anche a te! 🎄
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Il politicamente corretto ha rotto i coglioni. Sì sta esagerando su tutto. Io sono una donna sola da trent’anni e no mi identifico con questi pensieri dettati da un pensiero comune che fa solo danni.
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L’educazione e il rispetto per gli altri sono una cosa, il politicamente corretto una loro perversione, in molti casi
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