Io non so parlar di musica # 31 – La cocaina

Ciao a tutti. Quest’oggi, per la rubrica “Io non so parlar di musica“, prendo spunto da un post recentemente pubblicato dal collega di blog unallegropessimista, in cui si parlava di una delle tante canzoni fake che si trovano in rete in questi ultimi tempi: canzoni, cioè, frutto di una costruzione recentissima, a metà fra AI e la goliardia, cucite su un sound d’antan (anni Sessanta/Settanta, di solito) e attribuite a interpreti di fantasia (ma con tanto di biografia fittizia), miracolosamente evocati dalle nebbie del passato. Gli artefici si celano dietro la fantomatica etichetta Cantoscena: sono i titoli, e i testi – che davvero lasciano nessun spazio all’immaginazione – la spia più evidente della simpatica truffa… Roba come “Aprimi il culo”, “Pisciami addosso”, “La cappella del mio cuore” – che già sarebbero stati stretti agli Squallor – ben difficilmente sarebbero sopravvissuti alla tagliola censoria di quel periodo.

Ma non è del fenomeno Cantascena che voglio parlare: bensì di un brano che, se per titolo, nome dell’interprete e stile, potrebbe sembrare uno dei tanti del loro surreale catalogo, è invece realmente frutto degli anni Sessanta. Si tratta di “La cocaina“, di Gianna.

Chi è Gianna, innanzitutto? Si tratta di Gianna Spagnulo (1940-2017): cantante pop di seconda fascia, nota anche col nome d’arte di Jovanka, e che dopo una manciata di 45 giri di scarsissimo successo, si accaserà con i Cantori Moderni di Alessandroni, attivi soprattutto nel campo delle colonne sonore. Uno dei suoi singoli più curiosi è del 1965: “Tango svizzero” è il lato A, ma è il lato B a diventare leggendario… “La cocaina”, appunto. La canzone è scritta da un duo di autori di grido: Walter Malgoni (autore di canzoni per Mina, Jula De Palma, Milva, Claudio Villa, Caterina Caselli) e Gustavo Palazio (all’opera con Enzo Jannacci, Ornella Vanoni, Quartetto Cetra). Lo stile è quello, svagato e un po’ sciocchino, comune a molte canzonette del periodo, con tanto di accompagnamento swingante, coretti e fiati; mentre il testo parla di un’avventura tragicomica e provinciale, in cui la protagonista compra in un tabarin una “polverina”, e la nasconde in un barattolo di zucchero vanigliato: peccato che con quello “zucchero” un povero sprovveduto faccia una torta, causando lo sballo di tutti i borghesissimi convenuti al the delle 17.

Un brano spiazzante: e, soprattutto, nato da uno spirito beat ingenuo e banalmente giovanilistico, unito a una superficiale conoscenza della coca, e dei suoi nefasti effetti… Tutt’altra narrazione, decisamente più tragica, connoterà la storia di questo stupefacente, presto destinato a diventare una piaga sociale. Ma non voglio né fare lezioni morali né banali excursus sociologici: solamente proporvi una canzone davvero stramba, e che fosse per qualche azzardo in più, potrebbe benissimo far parte del catalogo fake dei geniali manigoldi dei Cantascena.

Gianna – “La cocaina

In un vecchio tabarin io godevo senza fren
quando verso la mattina arrivò la cocaina
E’ arrivata in un gilet l’han venduta pure a me
30.000 la bustina comperai la cocaina
Se la vedeva la mamma faceva un dramma
e fu così che la misi lì in un vasetto usato di zucchero vanigliato
Ma qualcuno preparò una torta ed impastò
latte zucchero e farina con quel po’ di cocaina
Alle 5 su da me vengon tutti per il té
c’è la nonna col curato sua nipote col cognato
una guardia di frontiera con la vecchia cameriera
mia sorella con tre amici che gli fuman le narici
anche loro più o me’ stan godendo senza frem
ma che strana polverina la cocaina

Tratto da “Tango svizzero / La cocaina” (1965)

4 pensieri riguardo “Io non so parlar di musica # 31 – La cocaina

      1. Alcuni anni fa ho aiutato per qualche mese mia cognata che aveva una libreria di libri usati: uno dei miei compiti era cercare in rete il prezzo da attribuire loro. C’erano alcuni volumi rari e il loro valore in alcuni casi era di diverse centinaia di euro!

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