Ciao, Angelo, amico mio. Ci hai lasciato così, d’improvviso: e non so ancora come. So solo che oggi pomeriggio Franco, l’amico di più vecchia data che ho, mi chiama e in poche parole mi dà la notizia che non avrei mai voluto sentire: “E’ morto Angelo”. Anche lui l’ha saputo da pochissimo, per caso, da un manifesto funebre che ne annunciava il funerale, avvenuto proprio questa mattina.
Di Angelo vi avevo accennato in questo post: era uno dei miei amici storici, quelli con cui ho passato le serate più belle della mia giovinezza. Se avrete la pazienza di rileggere questo post, pubblicato un anno fa, vedrete di chi parlo: sì, del tale che in birreria, a mezzanotte, ordinava toast e cappuccino; e che non mancava mai, a qualsiasi band di dilettanti andassimo a sentire, di chiedere una cover di “Samba Pa Ti” del suo amatissimo Carlos Santana.
Avevo conosciuto Angelo tanti anni fa, da un comune amico: e subito eravamo entrati in sintonia per la comune passione per gli scacchi e per il rock d’annata, quello chitarristico in particolare. Persona con un vissuto molto doloroso alle spalle, Angelo: una famiglia emigrata dal Sud negli anni Cinquanta, pochi denari e pretese, un fratello mancato per problemi di tossicodipendenza, un padre perso prematuramente, una mamma con forti crisi depressive… E lui, tutt’altro che aiutato dalla fortuna: parecchie grane di salute, pochissimi soldi in tasca (un lavoro di bidello recuperato in età ampiamente matura), un giro di amicizie molto limitato e nessuna attenzione all’aspetto per così dire “mondano” del vivere. Ma un vero cuore d’oro.
Impossibile riuscire a condurre con lui (e manco ci tenevo) i classici discorsi da “italiano medio”: ma solo chitarristi, grandi pezzi, concerti e album storici; e scacchi, dama (la sua passione più recente) e il gioco cinese del “go”. Una persona con l’anima da sognatore in un corpo da sessantenne pienotto, non curato e peggio vestito: e una delle persone migliori che abbia mai conosciuto.
Ci vedevamo poco, ultimamente, ma ci scrivevamo parecchi messaggi. E subito nelle chat traspariva il suo esser uomo dalle passioni improvvise, turbolente, senza mezzi termini: di colpo si appassionava a una cosa (un’artista, o un brano), in pochi minuti mi scriveva magari 10 o 15 WhatsApp di fila su quell’argomento, trascorreva giorni e giorni ad approfondirlo, senza requie; e poi altrettanto di colpo smetteva, e passava ad altro. Le cadute, inutile dirlo, erano fragorose come le ascese: e in quelle ore mi mandava messaggi in cui si definiva una persona dalla vita misera, senza nulla in cui davvero sperare, se non tre cose: la musica, che lo ha accompagnato da sempre (si era anche diplomato in chitarra); la fidanzata, incontrata anni prima in una chat musicale, ma che vivendo a Vienna riusciva a vedere solo 3-4 volte l’anno; e la fede in Dio, in cui trovava serena giustificazione di tutte le sfortune, le delusioni cocenti e i drammi della sua vita.
L’ultima chat mi è arrivata domenica: un video (una band di ukulele rifà il classico “Orange Blossom Special”), e le sue parole entusiaste, in cui dichiara di volersi comprare un ukulele e imparare a suonarlo. Io, per risposta, gli giro un altro video a tema, e lui mi risponde con “Bellissimo“. Finito qui. Poi passano i giorni, e mi arriva la brutta notizia. E mi precipita addosso tutta la tristezza per la sua morte: e temo che se ne sia andato da solo, in quella vecchia e umida stanza in affitto che non gli piaceva, ma da cui non sapeva liberarsi, senza nessuno vicino.
Penso all’ultima volta che l’ho visto, mesi fa. E mi sovviene questo piccolo fatto: settimane fa gli mando un video di Van Halen, e mi risponde che a lui quel tipo di musicista proprio non piace… Ok, dico io, mica c’è problema! Ma dopo qualche giorno, quando di quello manco mi ricordo più, mi scrive di nuovo, scusandosi (!), e che spera di non avermi offeso, perchè ognuno ha diritto ai suoi gusti, e che lui rispetta i miei. Ecco l’uomo che era Angelo.
E’ curioso, e segno dei tempi, che i social ci sopravvivano… Sul cellulare ho ancora il suo ultimo messaggio. Quello con scritto “Bellissimo”, alla fine. E’ solo un WhatsApp, lo so, ma di sicuro per qualche tempo rimarrà sul telefono, a tenermi compagnia: con l’iconcina del suo viso a fianco. Una chat che trabocca di passione, di entusiasmo, di voglia di succhiare fino al midollo il suo più recente oggetto d’amore: per poi sicuramente disfarsene, e passare ad altro. Spero, davvero, che si sia addormentato con questo sogno nel cuore, senza accorgersi di nulla: ma immaginando un ukulele fra le dita, e tante cose nuove da imparare e suonare.
Che la musica, Dio, e tutte le cose che ti hanno sempre aiutato a sopportare il peso di vivere ti possano accogliere e dare gioia e pace, Angelo. E ora ti dedico il pezzo che amavi di più: “Samba Pa Ti“, del tuo adorato Santana. Un ultimo samba, solo per te. Ciao ancora, amico mio.
Anche questo articolo non mi è uscito.
Mi dispiace per il tuo amico
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Eh… Una tristezza. Grazie AP
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