Ciao a tutti! Oggi riesumo una vecchia rubrica che non toccavo da qualche tempo per parlarvi di alcuni prodotti televisivi visti negli scorsi giorni, attraverso l’unica piattaforma che pratico: roba un po’ strana, non molto popolare e nemmeno tutta recentissima, ma che ha catturato la mia attenzione. E quindi, vi piaccia o meno, eccola qui!
- “The Sticky“: mini serie televisiva organizzata attorno a 6 episodi dalla durata ridotta (una mezz’ora l’uno) che racconta l’avventura di una banda di malviventi semi-improvvisati alle prese con un furto di sciroppo d’acero. Eh si, non ci si crede a sapere quanto può valerne un solo bidone! Una serie ambientata nel nevoso Canada e che ripercorre le tracce dei fratelli Coen di “Fargo”, fra humor nero, personaggi eccentrici, imprevedibili svolte del destino e la descrizione tragicomica di un’umanità fragile, ai margini, che per disperazione, stupidità o frustrazione si getta in un’impresa criminale per definizione destinata al fallimento. Si ride, spesso; ci si commuove, a volte; si riflette, sempre. Ottimo il casting, non un attore è fuori posto: da applausi Margo Martindale e, in un ruolo decisamente sopra le righe, una Jamie Lee Curtis folle e indimenticabile. La serie – come peraltro reso evidente dall’ultimo episodio – dovrebbe avere un seguito: ma è perfettamente godibile anche così.
- “Homecoming“:mini serie tv di 10 brevi episodi (tratta da un… podcast!) giocata sull’intersecarsi di due piani temporali: un passato recente, in cui Heidi – consulente in una struttura militare segreta – deve occuparsi del recupero psicologico di alcuni soldati preda di shock post-traumatici; e il presente dove Heidi, ora cameriera in un diner, è completamente immemore del suo passato, e deve scavare nei suoi ricordi per ricostruire la sua personalità, e svelare il marcio nascosto dietro il suo vecchio lavoro. Una trama da cinema della paranoia e del complotto tutt’altro che banale o facilona: non un minuto, un personaggio o una scena di troppo, ma un’alta densità di significati e indizi, tutti indispensabili. Mi hanno colpito molto due cose: la decisione della protagonista-producer Julia Roberts di mettere impudicamente in primo piano il suo volto, malamente alterato da un’esasperata chirurgia estetica da diva in fase calante (coraggio… o incoscienza?); e una scelta registica molto intelligente, che usa due diversi formati di inquadratura (il 16:9 e il 1:1) per rappresentare due diverse scansioni temporali e psicologiche… Il passato, “largo” come il widescreen in 16:9, visto come luogo della presenza mentale; e il presente, “chiuso” nello stretto formato 1:1, simbolo di una coscienza di sé limitata e parziale… Due tagli differenti che collasseranno in un unico formato nel momento in cui memoria e consapevolezza si ricostituiranno. Un bel prodotto, curato in ogni parte: e non è un puro esercizio di stile… Il pingpong fra la memoria della protagonista (che si dissolve, e poi torna) e quella dei soldati (che non vorrebbero ricordare) apre a riflessioni per nulla scontate sul modo in cui rinneghiamo o accogliamo il nostro passato, e su come possiamo o meno usarli per tracciare il nostro domani. La prima stagione si chiude senza cliff-hanger: ma è seguita da una seconda (di soli 7 episodi) che non ho ancora potuto vedere, e che dovrebbe (da cosa ho letto) integrare alcuni passaggi, e dare seguito ad alcune trame lasciate sullo sfondo.
Abbiamo parlato di:
- “The Sticky” (2024, Canada/USA, 6 episodi da 30 min circa l’uno)
Regia: Michael Dowse, Joyce Wong
Soggetto e sceneggiatura: Brian Donovan, Ed Herro
Interpreti principali: Margo Martindale (Ruth Landry), Chris Diamantopoulos (Mike Byrne), Guillaume Cyr (Remy Bouchard), Jamie Lee Curtis (Bo Shea)
- “Homecoming” – Prima stagione (2018, USA, 10 episodi da 35 circa l’uno)
Regia: Sam Esmail
Soggetto e sceneggiatura: “Homecoming” (podcast di Gimlet Media)
Interpreti principali: Julia Roberts (Heidi Bergman), Bobby Cannavale (Colin Belfast), Stephan James (Walter Cruz), Shea Whigham (Thomas Carrasco)