Ciao a tutti. La riflessione che, per la rubrica “Io non so parlar di musica”, mi ha spinto a proporvi la canzone di cui parlerò a brevissimo, riguarda le innumerevoli polemiche sul ruolo degli Stati Uniti nella politica estera del nostro paese: c’è chi ringrazia ancora adesso gli USA per l’ingresso nel secondo conflitto mondiale e per il Piano Marshall, e chi ritiene sia stato l’inizio della fine della nostra indipendenza.
Chi scrive è convinto che gli Stati Uniti, al pari dell’Unione Sovietica, siano stati fondamentali per la fine del Nazismo: ma anche che fra gli States del ’45 e quelli odierni ci sia un abisso; e che col suicidio politico e militare della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa (e l’Italia non fa certo eccezione) sia diventata una colonia statunitense, con poca – se non nessuna – speranza di politica estera autonoma… Siamo sotto padrone: che poi sia il minore dei mali, non so… Ma sempre di padrone si tratta. Per “colpa” degli statunitensi, certo, che fanno – e benone – i loro affari: ma anche per una nostra innata predisposizione. Ma, sia chiaro, a me chi vuole “esportare la democrazia” a bombe e dollari non piace per nulla.
Ne parla il giovane Eugenio Finardi nel suo secondo album con la canzone “La C.I.A.“: brano del 1976 – periodo non casuale – e che gioca su un paio di elementi molto interessanti. Il primo è il testo, cantato in due lingue e da due personaggi differenti: l’agente C.I.A. (in inglese) che descrive senza ipocrisie il ruolo dell’agenzia governativa nel dirigere le politiche estere di mezzo mondo; e il commentatore (il cantante, in italiano) che rileva, laconico e disilluso, la nostra impotenza. Il secondo è la musica – al solito, suonata da professionisti coi controcazzi – e nello specifico un reggae: uno dei primi esempi in assoluto, per l’Italia (il primo pare sia “Prendi fra le mani la testa”, 1973, di Battisti), che anticipa di un paio d’anni varie canzoni in levare di maggior fortuna, come “…E la luna bussò” e “Nuntereggae più”.
Gran canzone “minore”, “La C.I.A.”, offuscata – nello stesso, strepitoso, album – dalle più note “Musica ribelle” e “La radio“, ma che mantiene intatta la sua cazzimma anche oggi: bello l’andazzo, semplice la struttura, con un’estesa coda strumentale, e da brividi i versi “E giro il mondo per aiutarlo a restare libero, e ti aiuterò comunque anche se non sei d’accordo“. Non è forse così, ancora oggi?
Ma ho già fatto troppe parole! Come sempre, diamo spazio alla musica. Buon ascolto!
Eugenio Finardi – “La C.I.A.“
Tratto da “Sugo” (1976)