I miei vinili #18 – Suonare uno strumento

Ciao a tutti, torno dopo una settimana di assenza, dovuta a un po’ troppe grane da sbrigare: e torno con una nuova puntata della serie “I miei vinili“, questa volta dedicata al modo più personale e fisico che conosco di praticare la musica: suonare uno strumento.

Penso che a chiunque abbia una passione forte per la musica, non limitata all’ascolto distratto o episodico, prima o poi capiti di sentirsi attratto dall’idea di provare a imbracciare uno strumento, e vedere cosa ne viene fuori. Per me è sicuramente stato così: a parte una brevissima esperienza da bambino, quando i miei mi iscrissero – chissà perché – a un corso sul Bontempi (chi se lo ricorda?), e alle ridicole lezioni scolastiche col flauto di plastica, la “vera” voglia di suonare arriva verso i 19 anni, finite le scuole.

Non ho ben chiaro, sinceramente, cosa avessi in mente: per certo, un misto fra tentare di emulare le gesta dei miei eroi, provare a mettere le mani di persona personalmente sullo strumento che più di tutti attirava la mia attenzione (la chitarra), vedere se la ragazze sarebbero arrivate a frotte, e condividere con alcuni amici (che, pure loro, stavano iniziando a strimpellare) questa nuova avventura. E non mi ricordo nemmeno se avessi o no palesato il mio desiderio: fatto sta che a Natale mia madre mi regala (anzi se la fa prendere da un mio amico, e da lui portare di nascosto a casa) una chitarra acustica a poco prezzo. E inizia l’avventura!.

Sono i mesi in cui, in un’altra città, adempio al Servizio Civile in Croce Rossa: il momento perfetto per imparare, nelle pause fra un servizio e l’altro, e nei dopocena di “libera uscita”. Inizio, come un po’ tutti, dalla base delle basi: il solito libretto con gli accordi. Finalmente, anche se in modo estremamente rudimentale, da zappatore della 6 corde, posso abbozzare alcune canzoni!

Dopo aver superato l’ostacolo dei calli ai polpastrelli, pian piano miglioro: si sa, all’inizio si fa fatica, poi si migliora abbastanza velocemente… E poi si torna a rallentare: a meno che, per quella cosa, si abbia un vero talento. Ma di talento non ne ho: bravino sì, volenteroso pure, curioso come una scimmia eccome, ma talentuoso no. E poi, senza andare a lezione, che vuoi combinare? Eppure, l’idea di pagarmi delle lezioni non mi sfiora nemmeno… Clapton e Gilmour mica ci sono andati: e io perché dovrei smentire i miei miti? 🙂  Quindi, via di entusiasmo e di mangiacassette: sento, ascolto, provo a rifare, a copiare, a imitare, tentativo dopo tentativo, su e giù sul nastro, e tutto a orecchio: gli spartiti, questi sconosciuti!

Migliorando, e con i soldi del primo stipendio, mi permetto una chitarra acustica più decente, e anche una elettrica… Ah, il godimento di infilare il jack, accendere il distorsore, e fare casino! 

A questo punto, si continua: non sarò Hendrix, proprio no, ma perché non tentare di salire qualche scalino? La mia passione è il blues: compro un “metodo” (libro + cassetta) sul blues elettrico, e metto un altro piccolo mattoncino sul mio “essere chitarrista”… Imparo le scale blues, alcuni licks, diversi stili, e cose così. Mi piace, e me la cavo: ma come sempre nulla di che eh, roba da dilettante!

Le ragazze, manco a dirlo, non arrivano. Cioè, arrivano pure, ma non certo per la chitarra! Ma ormai non ci penso più: suono perché mi piace, e non sono nemmeno uno da feste in spiaggia… Anzi, sono un solitario: alla sera, in camera, con la sola acustica, mi siedo, mi esercito, e scribacchio anche qualche pezzo. Canzoni da tre minuti, e brevi strumentali costruiti su arpeggi. Addirittura provo a fare, rudimentalmente, qualche sovraincisione: prima registro un accompagnamento, poi , usando un secondo mangiacassette, ci “passo sopra” la seconda traccia… Bello, ma un tormento: quante volte devo rifare tutto da capo per un errore, per la voce in sottofondo della mamma che chiama per cena, o per il telefono che squilla!

Intanto inizio a lavorare, e a viaggiare in treno: e proprio qui, sui vagoni di mamma FFSS, conosco un altro pendolare, più vecchio di me di circa 6 anni. Si chiacchiera: parliamo di musica, di cosa ci piace, delle ultime uscite e degli ultimi acquisti… E toh, anche lui suona. Inizia a frullarci in testa di tentare di fare qualcosa assieme…

E qui chiudo: la storia continua nella prossima puntata della serie, dove vi racconterò di un amico triatleta, di una maglierista, di due fratelli, di un teatrino dell’asilo, e di come da queste cose può nascere un gruppo! Ciaoooo!

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