Pensiero Stupendo – Patty e Jimi

Jimi Hendrix è stato, senza dubbio, il chitarrista rock più influente della storia. Nei suoi 4 anni di fama, gloria, chitarre distrutte e performance leggendarie è riuscito anche a venire in Italia, per quattro concerti che sono ormai puro mito: nessun filmato, nessuna incisione, qualche foto sporadica, recensioni stampa deliranti (“un mostro nero coi capelli sparati, dagli usi e costumi minacciosi per la società italiana“) ma i vivi e indelebili ricordi di chi vi ha partecipato.

Jimi debutta il 23 maggio 1968 al Piper di Milano, poi passa a Roma per due serate al Brancaccio: chiuderà il 26, con un concerto al Palazzo dello Sport di Bologna. La sera del 25, in attesa del trasferimento in Emilia, Hendrix è a Roma, al Titan Club: un locale aperto da Oscar Porri da appena un anno ma capace di fare concorrenza al mitico Piper, e frequentato negli anni da gente del calibro di Wilson Pickett, Ike & Tina Turner, i Pooh, Fausto Leali, Stevie Wonder e molti altri… E figurati se Jimi si fa scappare l’occasione per una jam session… per di più, coi quasi esordienti romani Fholks!

Nel dopo concerto, Jimi si trasferisce al rivale Piper, dove si siede – fra gli altri – a fianco del batterista Alberto Marozzi e a una bionda splendente: è la padrona di casa Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo, un vero e proprio miracolo sbocciato quasi da nulla tre anni prima, e che è forse l’unica artista italiana in grado di rivaleggiare – per originalità, classe e magnetismo – con le stelle estere. Quattro chiacchiere, qualcosa da bere (la cena l’ha già fatta da “Alfredo”, con spaghetti, fettuccine, vino e filetto), ma poi che fare? Jimi è a Roma, la città eterna, e vorrebbe vedere qualche sprazzo di questa meraviglia: Marozzi dispone di una bella Fiat 500 bianca, carica Jimi sul retro, Patty come passeggero, e in piena notte si parte, sgasando fra Villa Borghese, Colosseo e Piazza Navona. Hendrix, nel mentre, e come da tradizione, si spara un “cannone gigantesco”, tanto che il fumo esce dai finestrini come nebbia: manco a dirlo, un posto di blocco intima alla 500 di fermarsi. La pattuglia – così si saprà dopo – sta cercando il “bel Renè” Renato Vallanzasca, che ha da poco iniziato la sua carriera criminale: per fortuna in auto c’è Patty, che tutti conoscono… Hendrix non se lo filano neanche un po’: e li lasciano andare. Qualche giro, qualche sosta, e arrivano le 5: un cornetto, e tutti a dormire.

Secondo Patty, la loro frequentazione continuò… Certo, per come poteva svilupparsi a quei tempi, in cui anche una chiamata intercontinentale era una cosa seria. Di sicuro lo vide ancora a Londra, due anni dopo, e due giorni prima della morte, nel bar del Samarkand Hotel: occasione in cui, a dar retta alla Pravo, raccontò della noia che lo prendeva a far sempre la stessa musica, delle “baracconate” che era costretto a fare sul palco, e della voglia di cambiare le cose. “Una persona dolce, pur con un inevitabile ego; normalissimo, senza nulla di eclatante nei comportamenti“: così lo ricorda Patty…. E – tiene a chiarire – nessun flirt: ai tempi era innamoratissima del batterista – e poi stimato pittore – Gordon Faggetter, il suo primo (di sei) mariti. Solo una forte simpatia.

La storia è questa: i dati sono pochi, e le testimonianze praticamente senza contraddittorio. Ma perché non crederci? C’è ben poco di leggendario o sopra le righe: tutto parla la lingua di una gioventù appena un filo estrosa. Tutti, chi più chi meno, abbiamo passato notti come queste. Quando si è giovani, con la strana sensazione che tutto possa accadere, su quel crinale che separa l’esaltazione dalla noia più grigia, capita di passare la notte a bighellonare fino all’alba, chiacchierando di una vita che si vuol cambiare e di cosa faremo domani.

Oddio, un po’ di differenza c’è: da una parte la Pravo e Hendrix, i monumenti di Roma e l’ombra minacciosa di Vallanzasca sullo sfondo; dall’altra la nebbiosa Pianura Padana, la tua acne e l’amico, intento a pulire il parabrezza dalla condensa con la manica del maglione… Ma va bene così: a pensarci bene, è solo questione di prospettiva.

E, a proposito di giovani di belle speranze, quella sera del ’68 al Brancaccio, quando Hendrix incendiò la platea, prima di lui si era esibito un gruppo di ballerini: un ensemble in cui, fra gli altri, figuravano due diciottenni che tutti ora ben conosciamo… Renato Zero, e Loredana Bertè! Bella gente, quella sera, a Roma!

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