1 secondo, 639 anni: il tempo di Dio

Questo sabato non sapete cosa fare? Siete stufi di spiagge e movida? Lo sdraio sul balcone e il barbecue in cortile vi guardano con occhi annoiati? Non ne potete più di spiaggiarvi con mariti, mogli, nonni e bambini nell’agrigelateria “appena aperta e tanto buona”? Benissimo, ho la soluzione per voi:

  • Luogo: Halberstadt, Sassonia-Anhalt (Germania), chiesa di Sankt Burchardi
  • Quando: sabato, 5 Settembre 2020, ore 15:00
  • Evento: il cambio di nota all’organo della chiesa… Il primo dal 2013, e il quattordicesimo dal 2001.

Non vi ho ancora convinto? Non vi fidate? Volete saperne di più? Eccovi serviti!

John Cage

Nel 1987 il compositore d’avanguardia John Cage ha (ri)scritto una partitura per pianoforte di otto pagine, contenente ben due provocazioni: 1) Delle otto sezioni previste, una non deve essere suonata, ma sostituita con una delle altre sette, a libera scelta del performer; 2) Manca completamente l’indicazione del tempo musicale.

Come dire: “E ora, cari esecutori, sono cazzi vostri!”

Un piccolo aiuto può però venire dal titolo: “Organ²/ASLSP (As SLow aS Possible)…  Che suggerisce un andamento lentissimo, tendente all’infinito. Ma l’infinito non fa parte dell’esperienza delle cose: la corda di un pianoforte, ad esempio, può vibrare per una durata limitata, e certo non eterna. Le prime performance pianistiche dell’opera, stiracchiando al limite la percepibilità delle singole note, erano riuscite a raggiungere i 70 minuti di durata. Ma, per fortuna, qualcuno ha deciso di spingersi oltre: usare uno strumento le cui note (almeno teoricamente) possano avere durata illimitata, e adempiere così alla raccomandazione del titolo. E, senza volerlo, ha creato i presupposti per la nostra gita!

E ora riassumiamo il tutto, aggiungendo qualche dettaglio:

  • Inizio della performance: 5 Settembre 2001;
  • Fine prevista: 5 Settembre 2640;
  • Durata totale: 639 anni (si, avete letto bene);
  • I cambi di nota (o di accordo) avverranno sempre al 5 di un mese: data di nascita di John Cage (5 Settembre 1912);
  • Perché ad Halberstadt, sperduto paesello Sassone? Perché nella cattedrale, nel 1361, avvenne la prima installazione documentata di un organo a canne “moderno”;
  • E perché proprio un organo? E’ uno strumento che, con la necessaria manutenzione, ha virtualmente vita infinita; il suono non dipende dalla vibrazione di una corda, o dal fiato o un gesto di un musicista, ma dalla pressione di un pedale, gestibile meccanicamente;
  • Perché 639 anni? Semplice! E’ la durata intercorsa fra il 1361 di cui sopra e il 2000, anno in cui avrebbe dovuto iniziare la performance… Momento che però slittò al 2001. E, dal 2001, aggiungendo 639 anni, arriviamo proprio al 2640: 5 Settembre, ovviamente!

Il bello è che il 5 Settembre 2001, terminata la cerimonia d’inaugurazione, non partì alcun suono: il brano, infatti, inizia proprio con una pausa… Pausa che, proporzionalmente alla durata smisurata dell’esecuzione, fu protratta fino al 5 Febbraio 2003, quando fu toccato il primo accordo, che durò per due anni e mezzo. Finora ci sono stati 13 cambi: e il 5 Settembre, fra 3 giorni, avverrà il quattordicesimo. Se mai andrete (sempre che ci siano ancora posti!), cosa vi capiterà di vedere? Innanzitutto una chiesa in pietra del 1050, spoglia: nel transetto destro, all’interno di una struttura in vetro, un piccolo organo a 10 canne; e poi, la cosa più emozionante… Un funzionario comunale che si avvicina allo strumento, solennemente aggiunge due canne, sposta un sacchetto di sabbia dai pedali, e innesca una nuova nota. Un applauso, foto, sorrisi: ci rivedremo il 5 Febbraio 2022, al prossimo switch.

Ora, al di là di facili battute e spallucce alzate, cosa aggiungere? Che solo da John Cage poteva arrivare un pezzo tanto particolare: sì, da quell’artista che ha sempre lavorato per abbattere i confini dell’esecuzione standard e che – fra l’altro – ha scritto “4’33”“, spartito che impone all’esecutore di “non suonare” per la sua intera durata. E complimenti al Comitato, che ha saputo trasformare una provocazione teorica in un qualcosa di egualmente provocatorio, anche se inevitabilmente strutturato… Un qualcosa che, nella sua durata plurisecolare, richiama l’epica delle cattedrali medievali: fabbriche destinate a protrarsi per secoli, superando di molto la vita delle maestranze coinvolte nell’opera.

Una roba da vertigine… E, con uno di quei salti mentali che i miei amici conoscono bene, mi sovviene per perverso contrappasso “You Suffer“: brano grindcore degli inglesi Napalm Death (1987…toh, guarda il caso lo stesso anno di ASLSP), e che è iscritto al Guinnes come “canzone più breve della storia“. La lunghezza è di 1,316 secondi (unovirgolatrecentosedici), e il testo ipoteticamente recita “You suffer – but why?“: e dico in ipotesi, perché è praticamente impercettibile.

1 secondo, 639 anni… Tempi fuori dall’umano, o quasi; e decisamente oltre quell’esperienza percepibile che, per i nostri canoni, dovrebbe caratterizzare un brano musicale. Forse Dio – o “chi per lui”, come direbbe Lucio Dalla (e mi associo) – potrebbe apprezzare entrambe le cose: in fondo, per colui che è l’eternità stessa, un 1 secondo o 19 miliardi sono la medesima cosa. Noi, con una comprensione e coscienza dello spazio a quattro dimensioni limitata dalla nostra materialità, dobbiamo invece arrenderci: possiamo solo dire che è una cosa è troppo poco, e l’altra troppo tanto. E ragionare che qualcosa vorrà pur significare se, nei nostri tempi, per stigmatizzare l’inesplicabilità della sofferenza si ricorre a un ruggito fulmineo e brutale; e se invece, per contrastare l’ottuso attivismo dei troppi “asap”, si propone un meditativo “aslsp”…

Ciò non toglie, ovviamente, la possibilità di fare quel che a noi umani riesce meglio: cazzeggiare un po’. E, quindi, spararci il “pezzettino” dei Napalm Death anche a raffica (lo fanno anche in concerto… un modo per allungare la scaletta!); e/o farci una gita in Sassonia, con una motivazione sicuramente molto originale! E, se le prenotazioni saranno già esaurite, i soldi pochi e il Covid non lascerà tregua, ci si potrà sempre collegare in streaming, e “goderci” la performance, e il fatidico cambio di nota. Per poi, ovviamente, prenotare il prossimo appuntamento.

 

Abbiamo parlato di:

John Cage – “Organ²/ASLSP (As SLow aS Possible)

John Cage Orgel Kunst Project – Halberstadt

Napalm Death – “You Suffer” (tratto da “Scum”, Earache Records, 1987)

7 pensieri riguardo “1 secondo, 639 anni: il tempo di Dio

      1. Arte per me è (anche) qualunque espressione intenzionale che generi emozione pensiero riflessione discussione e che metta (anche) in discussione il pensiero comune. E sia Cage che i tedeschi direi che questo obiettivo l’hanno raggiunto…per me almeno stimolandomi una riflessione sul tempo e che forse nn avrei fatto.

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  1. L’ha ripubblicato su Matavitataue ha commentato:
    Sono “oggetti” musicali che oggi si possono tranquillamente definire esagerati, esaltati, pazzoidi e privi di un vero “senso” estetico perché troppo pieni di una “superfilosofia” che erode del tutto la componente di «sublime piacere» o di «sublime conoscenza del sé» che molti altri pezzi d’arte e di musica garantiscono…
    Allora, però, quando John Cage concepì per primo “oggetti” simili, la musica colta, e tutta l’Arte, erano nervosi e impauriti per la loro presunta ma sentita come assolutamente imminente e definitiva SCOMPARSA: TV, mass media, giocattolini, e prodotti industriali avrebbero sostituito musica e arte…
    si pensava così… era una superstizione, una credenza, un vero senso millenarista di FINE ASSOLUTA…
    Il capitalismo aveva vinto, la “riproducibilità tecnica dell’opera d’arte” distruggeva il «nuovo» e il «moderno», e il risultato di tutto questo era stato Hitler, era stato l’auto-sterminio umano…
    …questo si pensava…
    e lo pensavano in tanti…

    La strada intrapresa da John Cage verso lo “spirituale”, il “divino”, l’esoterismo, l’orientalismo, e, soprattutto, verso il CASO (l’*alea*) era alternativa e leggermente successiva alla spinta “scientista” degli anni ’50 battuta dai Boulez, i Berio, i Maderna, gli Xenakis, dal primo Stockhausen, e anche da Edgar Varèse, quelli che facevano arte in laboratorio, vestiti col camice bianco, e chiamavano i loro pezzi «Esperimento» o «Biogramma» (Berio e Maderna fondarono l’Istituto di Fonologia)…
    Cage arrivò e sconclusionò tutto…
    Per un periodo Cage e Boulez furono amici, armati fino ai denti contro il “passato”, giovani iconoclasti maleducati, rozzi e anche un pochino prepotenti (dai metodi perfino “stalinisti”)…
    Ma Cage era il guitto, il ridanciano, il clown…
    L’arma di Cage era lo sfottere e il prendere in giro per quel che riguarda la “pars destruens” (e qui si incontrava a mille con Boulez), ma manteneva quello sfottò anche nella “pars construens”… per Cage non esisteva il SERIO, esisteva l’indicazione, l’enunciazione dell’ASSURDO dell’esistenza…
    Non si sa se credeva davvero a quello che diceva sull’«I-Ching» (erano anni in cui anche Philip Dick rifletteva sul caso e l’«I-Ching» nel «Man on the High Castle», e anni in cui l’orientalismo e l'”indianismo” erano all’ordine del giorno dappertutto, dai Beatles ai Doors a Osho, a «Hair», allo yoga di Yehudi Menuhin) o se erano boutade, e non si sa se si divertisse o soffrisse dell’essere preso in giro da quasi tutti (le sue apparizioni televisive, oggi considerate “arte”, ai tempi erano accompagnate da ironie che Cage sembrava cavalcare come un vero e proprio comico!), e non si sa neanche se il suo narcisismo si alimentò forse troppo durante gli anni di Darmstadt dove venne considerato per un po’ un vero e proprio Dio, effettivamente un guru orientale, ma il suo “caso”, alla lunga trionfò sulla “scienza”, o con essa si fuse in modi imprevisti, visto che i metodi degli scienziati (di Boulez) trovarono “combinazioni musicali” assai limitate…
    il *caso* di Cage invece era inesauribile oltre che imprevedibile…
    tanti “scienziati” cominciarono a seguirlo, da Donatoni (allievo di Maderna, che cominciò a comporre tirando i dadi) a Stockhausen, il precedente alfiere della “musica in laboratorio”: da Cage ereditò tanto: ereditò il gusto per l’happening impossibile (un’opera di Stockhausen prevede degli elicotteri che volano sul teatro) e la “follia” narcisistico-esoterica (Stockhausen cominciò a credersi figlio di extraterrestri, figlio del dio del sole e altre idiozie lisergiche)… e su Cage si “formò” tutta una nuova risma di musicisti “aleatorei” (Bussotti) o dileggiatori (Kagel), che sulla partitura disegnavano, facevano scarabocchietti più o meno stilizzati, o più o meno figurativi, e suonavano perette da clistere e sassi in filmini autoprodotti simili a quelli che faceva Warhol nelle sue Factories, o le foto che faceva Dalì lanciando gattini…

    tutte sciocchezze?
    tutte scemenze d’avanguardia buone solo per riderci sopra?
    o enunciati della *crisi* millenarista dell’arte e della sua tragica componente folle?… poiché non è tutta la *ragione* umana, tutta l’arte umana, tutta l’umanità solo uno sgorbio di scherzo e gioco della chimica del carbonio, che si allegorizza in una musica che tale follia la indica, la vive e la “esprime”?

    a me Cage non piace…
    come non mi piacciono né Boulez né gli altri adorniani…
    ma il mio è gusto…
    ma dei gusti non si piò discutere…

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    1. Grazie per il re-blog, innanzitutto! Poi, come sai, non sono certo al tuo livello di competenze sulla musica colta, per cui non saprei come posizionarmi in merito al “Cage si – Cage no”… Dico solo che gli iconoclasti autoironici mi garbano per principio, ma senza farne “divinità”: ché si tradirebbe peraltro il loro volere, se sincero. Della “ASLSP tedesca” mi ha colpito non tanto la performance in sé, quanto le questioni quasi mistiche che sollecita, e che mi fanno sempre riflettere – senza impelagarmi in dogmatismi religiosi – sulla nostra limitata percezione del mondo.

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      1. Io ho molti problemi con tutto quello che è stato “adorniano”…
        ma certe “rinunce” del “cogito” umano in favore soltanto della enunciazione, o contemplazione, dello spazio e del tempo, incontrano non so perché la mia simpatia: sono paragonabili, per certi versi, alla Land Art… o a Barry Lyndon e Tree of Life…

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