Cowboy Junkies – “The Trinity Session”

Less is more

Mai avuto problemi col rock rumoroso: non quello fracassone per partito preso, intendiamoci… Ma quello dove le chitarre sono ben amplificate, il basso rimbomba nel petto, la batteria scandisce un possente quattro quarti, e la voce ruggisce me gusta mucho. Si, insomma, il “rock” per antonomasia: Led Zeppelin, Stones, Who, Deep Purple e compagnia.

Ma ogni tanto ho il bisogno, quasi fisiologico, di abbassare un po’ i toni, calmare gli spiriti, e entrare in un mood più umanistico. Ecco, oggi – a dispetto del sole, e del calore che inizia a far tremolare l’aria – è una di quelle volte. E quando mi prende la voglia, i fratelli Timmins non mi tradiscono mai. Perché, per chi voglia riposare le orecchie e (come dice una rubrica della Settimana Enigmistica) rinfrancar lo spirito, non c’è di meglio che la quieta mansuetudine dei Cowboy Junkies: e del disco-capolavoro “The Trinity Session“. Un album registrato in un solo giorno, il 27 novembre 1987, presso la Church of the Holy Trinity a Toronto, con l’ausilio di un unico microfono: quando si dice che “less is more”!

Per la scaletta i canadesi Cowboy Junkies (un nome nato, a dispetto di fantasiose interpretazioni, per puro caso) hanno attinto a un repertorio misto, fra traditional country, classici della canzone pop-rock e composizioni originali. Ma, nonostante l’eterogeneità del materiale, l’esito rasenta la perfezione: un miracolo di equilibrio, omogeneo, notturno e sottilmente sensuale. Merito di uno stato di grazia irripetibile, della voce di Margo Timmins, dei magistrali arrangiamenti del fratello Michael (alla chitarra), e di una sapienza musicale antica, profonda, intima.

L’atmosfera è rarefatta, essenziale, qualcuno dice addirittura “depressa”: ma no, non è depressione quella evocata dai fratelli Timmins (oltre a Margo e Michael, ci sono anche John e Peter )… O, quanto meno, può esserlo per chi – annegato nel frastuono mentale della vita quotidiana – non sa più distinguere la calma dalla tristezza, la concentrazione dalla passività e l’emozione profonda dall’abulia. Per me, ritmi rallentati, orchestrazioni sobrie, vagamente jazzy e una voce – e sì, uso una figura retorica trita e ritrita, ma efficace – capace di “cantare anche un elenco del telefono“, eroticamente spirituale, sono una beatitudine, altro che “depressione”: che poi i Cowboy non siano la colonna sonora ideale per un party alla Animal House, è un’altra cosa.

Ma torniamo alla scaletta: nei 50 minuti del cd troviamo “Mining for Gold“, una worksong cantata con l’intensità di un gospel; una “Blue Moon” rivisitata, spoglia e dolcissima, da ballare cheek to cheek; il vecchio standard honky-tonk “I’m So Lonesome I Could Cry“, accarezzato da una pedal-steel guitar di commovente maestria; il gospel “Working on a Building“, blandito fino a farne un morbido jazz; “Walking After Midnight“, che da hit country si fa blues, accarezzato da armonica a bocca e accordion; e una “Sweet Jane” dei Velvet Underground, qui in una versione tanto a fuoco da meritare l’entusiasta plauso di Lou Reed (e se ne ricorderà anche Oliver Stone, inserendola nel soundtrack di “Natural Born Killers“). E, fra una cover e l’altra, una manciata di brani della premiata ditta Timmins: le ballate “Misguided Angel” e “200 More Miles“, il blues strascicato di “I Don’t Get It”, e lo spettrale (questo si) “Postcard Blues” su tutti. Applausi!

I critici e gli storici sostengono che, dall’umore dolente e minimale del disco, sarebbe nato lo “Slo-core” (o “Sadcore”): un indie rock rarefatto, mesto e lento, che ha come capofila i Codeine di Stephen Immerwahr. Approfondirò: ma, almeno per il momento, preferisco farmi narcotizzare dal Cowboy della Timmins Family. Che sarà pure Strafatto, come suggerisce il nome della band: ma che, buon per lui (e per noi) ha saputo cucinare una miscela davvero “stupefacente”… Roba buona, da fare invidia ad Albert Hoffman: e ne puoi prendere quanta ne vuoi.

 

Cowboy Junkies – “The Trinity Session” (studio album)

Pubblicazione: 15/11/1988 – Latent Records/RCA

Tracklist
  1. Mining for Gold – 1:34 (Traditional, arranged by James Gordon)
  2. Misguided Angel – 4:58 (Margo Timmins, Michael Timmins)
  3. Blue Moon Revisited (Song for Elvis) – 4:31 (Margo Timmins, Michael Timmins, Richard Rodgers, Lorenz Hart)
  4. I Don’t Get It – 4:34 (Margo Timmins, Michael Timmins)
  5. I’m So Lonesome I Could Cry – 5:24 (Hank Williams)
  6. To Love Is to Bury – 4:47 (Margo Timmins, Michael Timmins)
  7. 200 More Miles – 5:29 (Michael Timmins)
  8. Dreaming My Dreams with You – 4:28 (Allen Reynolds)
  9. Working on a Building – 3:48 (Traditional)
  10. Sweet Jane – 3:41 (Lou Reed)
  11. Postcard Blues – 3:28 (Michael Timmins)
  12. Walking After Midnight – 5:54 (Alan Block, Don Hecht)
Musicisti

Cowboy Junkies

  • Margo Timmins – voce
  • Michael Timmins – chitarra
  • Alan Anton – basso
  • Peter Timmins – batteria

Musicisti aggiunti

  • John Timmins – chitarra, accompagnamento vocale
  • Jeff Bird – fiddle, mandolino, armonica
  • Kim Deschamps – chitarra pedal steel, dobro, chitarra slide
  • Jaro Czerwinec – accordion
  • Steve Shearer – armonica

2 pensieri riguardo “Cowboy Junkies – “The Trinity Session”

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