Canta che ti passa #7

Non di soli cd vive l’uomo, ma anche di video musicali. Già ne ho tanti di mio: ma con Youtube la possibilità di scelta e visione si è espansa a dismisura. Con tutto il tempo che ho giocoforza a disposizione, finalmente ho potuto recuperare in rete un video che avevo in Vhs, ma che con i miei amici ho consumato sino allo sgretolamento del nastro: e da lì sono partito per un piccolo viaggio a tema.

  • Deep PurpleParis 1985. Il tour della reunion della gloriosa e insuperata Mark II, quella con Gillan e Glover per intenderci. Dopo una paccata di date in Australia, Nord America e Giappone, i Deep arrivano in Europa: e la data di Parigi (8 Luglio) è ripresa e mandata in onda, in Italia, da Rai3, col running comment di Paolo Zaccagnini. Mi ricordo ancora l’emozione di poter vedere, anche se in tv, quelli che allora erano i miei idoli: senza rete web, senza video storici che girassero in tv, oltre ai dischi e a qualche foto, tutto era fantasia. E la fantasia fu un po’ messa alla prova, in quel Luglio: dopo il buio sul palco, e laser a manetta, parte l’opening per eccellenza, “Highway Star“. Ed eccoli, gli dèi! Mi stupisco di come Paice e Lord abbiano messo su pancia, Glover invece è in forma, rimango folgorato dal Man-in-Black Blackmore, con la sua casacca nera, ma Gillan…? Possibile che… Si sente appena! Canta, si sforza, è paonazzo, ma niente: evidentemente hanno sbagliato i settaggi! Eppure gli altri vanno che è un piacere, la ritmica pompa come un treno, Lord ricama fraseggi e assoli, Ritchie è incredibilmente noisy, veloce e preciso, ma Ian… E no: né con le nuove, ottime, canzoni (“A Gipsy’s Kiss”, “Perfect Strangers”, “Knocking at Your Back Door”), e nemmeno – Oddio! – con le vecchie e gloriose “Strange Kind of Woman” e “Space Truckin'”. Per mesi – perché ho rivisto il concerto decine di volte – mi sono raccontato che non era possibile, doveva essere una ripresa audio fatta male: ma invece… Lo stesso Gillan di “Child in Time” e dei duetti voce-chitarra di “Made in Japan”, era improvvisamente afono. D’altronde aveva 40 anni (si, mi sembravano tantissimi), e glielo potevo perdonare!
  • E, dopo aver recuperato “Parigi”, e essermelo rivisto ovviamente tutto (!), mi sovviene un episodio, e controllo sul Tubo… Dunque, è il 1994, i Deep Mark II, fra nuove liti e clamorose riappacificazioni, sono di nuovo assieme, e si mettono in tour per promuovere il nuovo “The Battle Rages On”. Ma Blackmore è incazzato,e ha da dire su tutto: su Gillan, che mal sopporta, e anche sulle riprese live. Il concerto di Birmingham, immortalato con improvvida scelta di marketing per il DVD “Come Hell or High Water“, mostra una band con i nervi a fior di pelle. Apre, come sempre, “Highway Star”: ma Ritchie non c’è! Gli altri si arrabattano, mandano avanti la canzone ma la chitarra manca: e cazzo se manca. Blackmore è in camerino: e lì resterà sino a quando non gli leveranno dai coglioni il cameraman personale. Alla fine sua maestà è accontentato: accolto da un ironico inchino di Gillan entra sul palco, proprio all’abbrivio del suo solo, ma ancora non gli è passata. Se gli sguardi parlano, allora Ritchie sta per compiere un omicidio: lancia occhiate furenti, attraversa il palco, per la tensione perde per un attimo il tempo, prende un bicchiere d’acqua (e smette di suonare) per lanciarlo a un altro cameraman… E coglie di striscio il povero Gillan. Che, occorre dirlo, manco qui mi entusiasma, è un po’ starnazzante, soprattutto negli acuti (e indossa una mise da mani nei capelli): mentre l’Uomo in Nero è in grado ancora di stracciare chiunque. Che poi abbia un carattere di merda è un altro discorso (tanto che sbatterà la porta, per mollare i colleghi nel bel mezzo del tour). Ma, per come suona, glielo posso ancora perdonare.
  • E, non pago, vado a vedere come sono messi oggi. Se 40 mi sembravano tanti, per una rockstar, ora che gli anni sono 75, cosa mi aspetterà? Trovo facilmente un live dei Deep Purple del 23 Settembre scorso, a Tucson: Jon Lord è morto sette anni fa, Blackmore da quel ’94 non è più tornato a casa, ma si apre sempre con “Highway Star”. Ian ora ha i capelli corti e grigi, si muove con una certa rigidità, e la voce… Beh, è un’illustre assente. Per non parlare del sostituto alla sei corde, Steve Morse: un chitarrista molto tecnico e “americano”, che di anni ne ha 65 circa, ma che non mi muove manco un quark d’emozione. E Ritchie, invece? Come se la caverà? Dopo la sbornia folk-medievale che ne ha occupato la carriera per una ventina d’anni, nel 2019 è tornato al rock con un’ennesima updating dei “suoi” Rainbow: ma i compari d’avventure sono scarsi, e lui ha l’artrosi, i baffi tinti e come chitarrista… Beh, sembra un dilettante: lento, impacciato e chiaramente in difficoltà. Mi fa male al cuore dirlo, ma è imbarazzante. E ora basta: non li perdono più.

Sic transit gloria mundi, dicono quelli bravi. E si potrebbero aprire infiniti discorsi su come il rock non possa fare a meno della fisicità, che il tempo non perdona, ecc. Ma il sentimento dominante è la rabbia, perché – per avidità, vanagloria o stupidità – Ian e Ritchie stanno offendendo i grandissimi che sono stati. Come Totti. E nessuno vorrebbe vedere i propri “Personal Jesus” finire così. Ma alla fine di tutto, della delusione e dello sconcerto, la “nostalgia canaglia” è più forte: riprendo in mano il vecchio vinile “Made in Japan“, che conservo da 35 anni come una reliquia, e lo metto sul piatto. Non mi occorre altro.

 

 

 

 

 

 

 

11 pensieri riguardo “Canta che ti passa #7

  1. Ritchie Blackmore : semplicemente il più grande chitarrista di questo gruppo di galassie. Uno dei pochissimi che intendeva la sua parte solista come un canto (un diverso ritornello del brano in questione) e non una veloce dissertazione sulla scala tonale del brano, con note buttate così e un riff ogni tanto. Arida tecnica insomma, comune anche in quelli che passano come fossero dei : Hendrix, tanto per non fare nomi. Personalmente ricordo soltanto un altro chitarrista al suo livello, un certo Terry Alan Kath . Che non sembri presunzione (chiedo scusa ) ma bisogna essere musicisti o profondi intenditori per comprendere appieno.

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  2. Articolo strepitoso, ed impietoso, nei confronti della mia rock band preferita. Purtroppo non hanno saputo fermarsi quando era il loro momento, e gli strascichi della carriera, soprattutto negli anni 90, poi non li ho piu’ seguiti, non sono stati all’altezza (gia’ negli anni 80, alcuni album furono pessimi: The house of blue light). Cio’ detto, nulla toglie al loro valore inarrivabile, che solo in Italia ancora non viene apprezzato a pieno. Ho gia’ scritto su un altro blog, che sono reputati meno dei LZ, quando non e’ a mio modestissimo parere cosi.
    Tolti gli album, comunque salvabil del MarkI, gli album del MarkII (prima tornata) sono inarrivabili per qualunque gruppo in quegli anni, per complessita’, varieta’, sound, tecnica, emozioni. Ogni anno sofornavano qualcosa di estremamente diverso e completo. Anche il MarkIII, per quanto completamente diverso e quasi lontano dal MarkII, nelle sue derive blues&funky lascia a bocca aperta. Quasi ogni membro di quei due mark, ha dato alla luce degli spin-off, che possono considerarsi ancora oggi la spina del metal o dell’heavy rock. I LZ, fuori dal loro perimetro non hanno mai realizzato granche’. Purtroppo la deriva di Blackmore, con il suo caratere di fango, e quella sbornia tardomedievale, non rende onore alla sua bravura. Visti dal vivo a Genova qualche anno fa, purtroppo facevano tenerezza. La grandezza sta anche nel capire quando e’ il momento di uscire di scena.

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    1. Come fece a suo tempo Platini! Per me i LZ sono più completi ma è questione di gusti: i DP sono stati la prima rock band seguita per bene e si la MK2 è inarrivabile. Conosco alcuni spin off e hanno sempre qualcosa da dire soprattutto Paice ashton e lord. Grazie x la chiacchierata!

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      1. gia’, mi e’ rimasto impresso Platini con quella sua scelta, tanto da aver dedicato all’argomento un post sul mio blog, magari potrebbe essere di tuo interesse. Grazie passero’ piu’ spesso sul tuo blog che ho conosciuto grazie a Nick nel suo post di pubblicita’ di blog che segue.

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      2. Io ricordo i Rainbow con RJ Dio. Uno spin-off da rompere i muri.. poi come al solito si persero perché Blackmore è quello che è come testa. Non male anche la Ian Gillan Band, ed onorevole carriera quella dei Whitesnake. Primo Mark dei Whitesnake tanta roba.

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      3. Rainbow di Dio…ascoltati fino alla nausea. Roba come Stargazer e Kill the King è all’altezza di qualunque capolavoro altrui. Blackmore però ha un pessimo gusto x i suoi partner soprattutto i cantanti

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      4. Stargazer.. qui si apre un mondo.. ecco quando qualcuno mi menziona i LZ, io gli propongo questo album. Non c’è Plant che tenga, Page che tenga, Bonham che tenga. L’intero in doppia cassa di Cozy è pura metafisica. O vogliamo parlare dell’intro di Tarot Woman! Autentiche perle mistiche!

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