Canta che ti passa #5

E , come sempre, musica e cd: quelli meno ascoltati in assoluto, quelli duplicati (ebbene sì) in barba al diritto d’autore (ma spesso, occorre dirlo, anche introvabili per via ordinaria), e quelli ascoltati pochissime volte. “Se la vita ti dà arance, fatti un’aranciata”, diceva non so chi: facciamoci allora questa spremuta di note.

  • The Slits – “Cut“. In pieno rigoglio metooista, una copertina del genere avrebbe attirato subito qualche strale: e dico  “avrebbe attirato” perché il metoo (ferocemente attuale sino a pochi mesi fa), sembra ormai una roba vecchia di secoli… Dunque, la copertina: tre belle ragazze vestite da indigene, a seno nudo, schizzate di fango: manca solo la lotta, per completare il sogno erotico! E sono proprio loro le Slits (le “fessure”, se non mi sbaglio a tradurre: allusivo? 🙂 ): tre dilettanti che, nel ’77, si conquistano l’onore di accompagnare i Clash in giro per l’Europa a forza di furia scenica e accordi brutali. La leader, Ari, è una altoborghese-tedesca trapiantata in UK che convive dalla nascita con i movimenti alternativi: la madre è stata amica di Hendrix (e più tardi sposerà in seconde nozze John Lydon dei Pistols), e il padrino di battesimo è Jon Anderson degli Yes… Così, per dire! Nel ’79 le Slits passano sotto l’ala del producer barbadiano Dennis Bovel, che macchia il loro punk grezzo e irriverente con schizzi dub, reggae e worldy, e confeziona il disco d’esordio, “Cut”. Intendiamoci, il loro non è il lineare reggae-rock dei Police, ma un reggae tribale, traballante ed epilettico: nel ritmo, come nelle schizzate acide delle chitarre e nelle voci. Ari, che sembra una Nico imbottita d’erba, nei testi lancia urticanti ironie contro il machismo, il consumismo compulsivo, le dipendenze e i fanatici delle apparenze. Abrasive, violente, spiazzanti e risolute: queste sono le Slits. La colonna sonora più adatta a queste assolate giornate da zombie…
  • …. Oppure, per i più ostinati, perché non scivolare definitivamente nella tristezza con Faust’O e il suo disco d’esordio, dal benaugurante titolo “Suicidio”? L’artista friulano si impone per uno stile originale e innovativo, una specie di tetra new wave in lingua italiana con echi dandy, glam e decadenti. Iconoclasta, ironico e sprezzante, Fausto Rossi – con l’aiuto di Alberto Radius e Stefano Cerri – dipinge un quadro della società attuale degno di un incubo mitteleuropeo: la “soluzione finale” della title track, il perbenismo della Chiesa (“Godi”), la semi-autobiografica e allucinante sonata “Piccolo Lord”, l’ossessione genitale di “Il mio sesso”, e la pesante (in tutti i sensi) “Benvenuti fra i rifiuti”: “Noi corriamo dentro il buio, riversiamo sperma sulle vostre inibizioni, Benvenuti tra i rifiuti non vi butteremo via“. Sarà che emotivamente sono un po’ perverso, ma per essere tristi e cupi, tanto vale esserlo sul serio: magari accompagnati da chi, come il Rossi, conosce davvero la wild side.
  • Gerry and the Pacemakers – “The EP Collection“. Dopo la cupezza di Faust’O, torniamo ad atmosfere decisamente più allegre e vitali. Liverpool, anni Sessanta: la Merseyside, l’economia in ripresa, il Cavern Club, i Beatles… E i loro amici-rivali Gerry and the Pacemakers. Capitanati da Gerry Marsden e Les Chadwick, intrecciano più volte la loro strada: entrambi si sono fatti le ossa sui palchi di Amburgo e di Liverpool, e sono il secondo gruppo – sempre dopo i Beatles – a entrare nella scuderia di Brian Epstein. Secondi nella classifica indetta nel Gennaio ’62 dalla fanzine “Mersey Beat”, secondi a firmare un contratto discografico: ma primi, fra tutti i complessi cittadini, a raggiungere la vetta della chart nazionale. Avviene con “How Do You Do It?”, già proposta ai Beatles per il secondo singolo, ma sdegnosamente scartata a favore dell’autografa “Please please me”. Tanto meglio per Gerry: che ripete il colpo grosso con le successive “I Like It” e “You’ll Never Walk Alone” (sì, quella dei tifosi dei Reds), stabilendo un record che non sarà battuto per vent’anni: fare dei primi 3 singoli altrettanti numeri uno. Tutti pezzi che, in questa raccolta, ci sono: assieme alla successive hit “Ferry ‘Cross the Mersey” e “It’s Gonna Be Alright”. Beat all’ennesima potenza, quindi, con tanto di George Martin alla consòlle: ottimistico, dinamico, leggero e diretto. E, per un momento, possiamo illuderci di non essere al chiuso di una stanza, ma al Cavern: quando tutto deve ancora accadere.

 

Hasta luego, amigos!

 

Abbiamo parlato di:

The Slits – “Cut” (Island Records, 1979)

Faust’O – “Suicidio” (Ascolto, 1978)

Gerry and the Pacemakers – “The EP Collection” (See for Miles Records, 1995)

6 pensieri riguardo “Canta che ti passa #5

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