Eccoci(mi) qui, io tutto bene, e voi?
Allora, fra pulizie straordinarie della casa, torte, spezzatino, lavoro smart, un po’ di musica e di decibel hanno percorso le mura domestiche, con alcuni cd tirati fuori dall’oblio e dalla polvere… I più interessanti sono stati:
- Steve Jones – “Fire and Gasoline“. Di questi tempi, e soprattutto nella noia dello “smart solitario”, fa sempre bene un po’ di rock tamarro: e in massima parte se prodotto, scritto e suonato da quel grand’uomo di Steve Jones… Sì, il chitarrista dei Sex Pistols: che, dopo lo scioglimento delle Pistole, attraversa una turbolenta decina d’anni fra dipendenza da eroina, qualche sporadico singolo con Paul Cook, Phil Lynott, Siouxsie e Iggy Pop, e nel 1989 sforna questo album.
Un disco senza eccessive pretese ma forte, deciso, sicuramente più hard rock che punk, che pompa alla grande, e dove la voce roca e raschiata di Steve si accompagna all’occasionale comparsata di Axl Rose (“I Did U No Wrong”) e ai cori di Ian Astbury (quello dei Cult). Su tutte, cito la tirata e potente title track: se non altro perché l’ho suonata live, ai tempi del gruppo! Grazie ancora, Simone, per avermela fatta conoscere e suonare con te e con gli altri, venti e più anni fa.
- Young Marble Giants – “Colossal Youth“. Dunque: un basso chitarroso, una drum machine, un organetto Farfisa (se non lo è gli somiglia tanto), qualche rara pennata stoppata di chitarra, una spettrale voce femminile (“Alison non è una cantante: è una che canta, e canta come aspettasse l’autobus“), e 21 tracce, tutte (tranne una) sotto i 3 minuti.
Tutto, dal pop al surf, dal garage al folk, dal samba alle nursery rhyme, è reso anemico e scarno, quasi surreale, dai tre giovani giganti di marmo: e, a dispetto del senso comune, sono canzoni che scorrono e si fanno sentire, accompagnando a dovere la nettatura della polvere in una domenica post-nucleare. Un disco “minimo” come il trio che l’ha pensato e generato, e che – in barba all’apparente osticità del progetto – ha all’epoca venduto circa trecentomila copie. Un’opera unica, peraltro: dopo l’album e un singolo, i Giganti si sciolgono… Entrando di diritto, assieme a molti altri, nell’affollata e seminale gang del Post Punk, tanto cara a Simon Reynolds.
- Jon Spencer Blues Explosion – “Plastic Fang“. E, dopo l’anemia indotta dai Giants, torniamo a pompare l’ematocrito con il buon Jon Spencer. Reduce dai barbari Pussy Galore (ah, che bel nome… preso di peso dai libri di Ian Fleming, e che si potrebbe tradurre come “patata a volontà”), Jon all’inizio dei Novanta dà corpo a un nuovo trio, che prende il ritmo hard rock, lo frulla col blues, il punk, il rock’n’roll e con ritmi funky, e lo riversa rovente fra le sequenze binarie dei cd…
Un trionfo di riff chitarristici (senza basso, badate bene: 2 chitarre e una batteria) che, in modo strafottente e cazzuto, omaggiano i Cinquanta e i Sessanta attraverso la furia di fine millenio. E poi Jon è proprio un bel tipo: un incrocio fra un giovane Ligabue, Wolverine e un Pierce Brosnan dopo una nottataccia. E qui mi sono messo a ripulire l’armadietto del bagno: tanto il baccanale degli Explosion arrivava senza fatica anche lì.
See you later, alligator!
Abbiamo parlato di:
Steve Jones – “Fire and Gasoline” (MCA, 1989)
Young Marble Giants – “Colossal Youth” (Rough Trade, 1980)
Jon Spencer Blues Explosion – “Plastic Fang” (Mute Records, 2002)
grande ragazzo… non tutti i mali vengono per nuocere, perché se nella polvere c’erano questi gioielli: viva la clausura, almeno ci riscopriamo per quello che avevamo dentro. Io personalmente quello di Jon Spencer me lo ascolto sempre, perché la dinamite è meglio del viagra… rock’n’roll !!!
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Devo beccare i Pussy Galore! Appena i negozi riaprono
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Ma sicuro che anagraficamente sia più ragazzo di te? 😇
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