Venom – “At War with Satan”

Aaaaaarrghh!

C’è stato un tempo in cui non c’era internet, non c’erano le chiavette usb, i cloud, e nemmeno i cd. Un’epoca in cui per contrabbandare musica si faceva visita a casa dell’amico: o anche peggio… Come quando un compare di cortile pensò di farmi gradito omaggio mettendo una cassa dello stereo sul davanzale, e sparando al massimo la sua ultima scoperta.

Sarebbe divertente e “rock” raccontare di vicini che battono i pugni contro il muro, di vecchiette atterrite, di mamme irritate per il pupo appena svegliato… Invece no: mi ricordo solo che non ci capii granché. Colpa dell’eco, della distanza, dell’impianto: ma soprattutto della “musica”.

Figlio di un accigliato elettore del PCI, Mauro è sempre stato “estremo”: quando flirtavo con Dalla lui era agli Iron, e quando lo raggiunsi nella Vergine di Ferro, era già incappato nei Metallica… e oltre sarebbe andato. Quell’oltre erano i Venom, e il loro spaventoso “At War with Satan”.

Quando, dopo qualche settimana, mi mise fra le mani il vinile della bravata, mi venne un brivido… La croce capovolta, il titolo, la confezione – volta a richiamare un antico manoscritto in pelle – la barbara violenza delle tracce, i nomi arcani dei tre, tutto contribuiva a mettermi mooolto a disagio.

A 16 anni, avere come massimo vanto i voti di scuola e non battere chiodo con una femmina non è granché, diciamolo: e, per fare un po’ i duri, ci si consola con la musica. Ma tutti buoni a farsi belli con i Maiden, che già nell’85 erano mainstream e il loro Eddie un oggetto di merchandising fatto e finito: è con robaccia come i Venom che si diventa per davvero grandi.

I Venom (no, con il cattivone dei Marvel comics non c’entrano nulla) nascono nel ’79 a Newcastle, con un programma semplicissimo: essere più inquietanti, eccessivi, rumorosi e cazzuti di tutti gli altri. E iniziano scegliendo nomi d’arte un filino stravaganti. Per “Cronos”, il cantante-bassista Conrad Lant attinge alla mitologia greca, Tony Bray (alle pelli) trova “Abaddon” (il “signore delle cavallette”) nelle scritture ebraiche, mentre il chitarrista Jeffrey Dunn scomoda addirittura i miti aztechi per il suo “Mantas”.  E la musica, s’intende, dovrà essere senza freni e maligna: come una gang bang fra Motorhead, la strega della copertina dei Black Sabbath e i Manowar.

Il singolo d’esordio è tutto un programma, “In League with Satan”, e deve molto al sabotaggio di Cronos, che nottetempo si introduce negli studi della Neat Records per cambiare il sound rock (imposto dal produttore) in un qualcosa di brutale e solenne… Ma è solo con pezzi come “Live Like an Angel, Die Like a Devil”, che la leggenda dei Venom ha ufficialmente inizio. Qualche recensore approva, ma la più parte non sa se indignarsi, o pensare a uno scherzo: i Venom cantano male, e suonano peggio.

Eppure piacciono: i concerti, baracconate degne di uno Screamin’ Jay Hawkins imbottito di steroidi, fanno sempre sold out. Borchie, mitragliate di chitarra e batteria, simboli satanici, cavalcate di basso distorto, nubi di fumo come manco nella Ruhr dei bei tempi e tatuaggi. Un truce intruglio di archetipi rock, tamarraggine e furore.

Sordi alle critiche i tre – col menefreghismo di un punk, e l’incoscienza di un esordiente – continuano imperterriti sulla loro strada, e spingono ancor più l’acceleratore: fra grugniti, decibel a mille e chitarre strapazzate, prende forma l’lp d’esordio, l’iconico “Welcome to Hell” (1981), con le classiche “Witching Hour” e “Poison” in scaletta, e in copertina un bel capro nero inscritto in un pentacolo demoniaco.

Passano appena 11 mesi, e arriva il seguito: disco che entra nella storia non tanto per le epiche “Raise the Dead” e “Sacrifice”, ma per il titolo. “Black Metal” (1982) è inventato lì per lì da Cronos come frase a effetto per segnare una differenza da quell’heavy metal che, già allora, stava pericolosamente compromettendosi con l’ammiccante AOR di Def Leppard e Journey: la provocazione ha effetto e contagerà intere legioni di musicisti, pronti a battezzare con nomignoli a tema (“Death”, “Black”, “Doom”, “Brutal”, “Trash”) i loro “Rosemary’s baby” metal.

Ed ecco che arriviamo a “At War with Satan” (1984): titolo che più chiaro di così si muore, e che – primo fra tutti i dischi metal – si inventa una roboante suite di 20 minuti, articolata in più “movimenti”. Oddio, più che una “suite” è un collage sgangherato di riff, cambi di tempo, spoken demoniaci, assoli incasinati, urla di battaglia, cacofonie (sarà per questo che Shazam non la becca mai?) e cronache deliranti: ma che, nonostante tutto e tutti, quadra spaventosamente.

La B side sta tutta nella violenza compressa di “Rip Ride”, negli anthem “Woman Leather and Hell” e “Cry Wolf”, e nell’epilogo dall’eloquente titolo di “Aaaaaarrghh” (avrò contato bene le “a”?): un baccanale di 2 minuti condito da latrati, sputi, rumori e da un’assurda marcetta di tromba in chiusura. Un calderone un po’ sconcertante, quindi: e che, proposto all’inizio degli anni Ottanta, fa ancora più impressione. La ristampa del 2004 aggiunge alla scaletta originale un paio di singoli (“Warhead” e “Manitou”), e l’EP “The Seven Gates of Hell”: roba buona, insomma. Ma torniamo a quel vinile…

È l’85, e sono in camera: si, proprio come ora, e mi sono imbarcato nella traduzione dei testi. Sono solo, davanti ho un quaderno, da un lato il vocabolario e dall’altro (il sinistro, probabilmente…) il disco. Mentre arranco nella traduzione, affidandomi al mio stentato inglese scolastico, inizio a inquietarmi. La voce di Cronos – con uno sgolato “Chaaarge!” – lancia i demoni all’assalto del Paradiso: la città d’argento si chiazza di sangue e bestemmie, gli angeli si schiantano sulla spiaggia, e dopo la “cremazione di Dio” Lucifero è pronto a salire sul trono. A un certo punto sento un frisson e mi giro, per assicurarmi di non avere alle spalle qualcuno: o, piuttosto, qualcosa… E per fortuna la mia testa non fa un giro di 360 gradi, come quella di Regan MacNeil.

Poi, chissà. Passato quel pomeriggio d’inferno, restituii il disco al mio amico, e non ci pensai più: ero preso dai Maiden, allora, e a breve avrei scoperto il blues e il progressive. In un respiro arriviamo così al 2004, con l’uscita della ristampa in cd: la vidi, la pagai e – non senza qualche ansia – la misi nel lettore.

Fu come ritrovare quel compagno di classe che ci chiudeva nei bagni della scuola per tormentarci, ma che ora non fa più paura. Mi ero reso conto che – proprio come David Bowie non viene da Marte, ed Eric Clapton non ha mai sparato allo sceriffo – anche i Venom (probabilmente) non passano il tempo libero a squartare vergini e celebrare messe nere, ma si divertono a far musica e soldi come più gli piace, aiutandoci nel contempo a diventare grandi a furia di decibel e scossoni.

Incontrare i Venom significa, per prima cosa, mettere in un frullatore di brividi, sensi di colpa ed esaltazione il ragazzino perbene casa-chiesa, l’aspirante ribelle in cerca di eroi e le truci litanie di Cronos; poi, prendere il confuso superstite e scartavetrargli le orecchie fino a estorcergli la confessione che sì, la perfezione strumentale non è tutto, e che Mike Oldfield con le sue campane tubolari ha un po’ scassato ‘a uallera; e, infine, condurlo oltre il velo, dove apprenderà che i muri della Sacred City Hell evocata dai Venom sono di cartapesta, che nel tempo libero Cronos programma videogame e insegna aerobica, e che gli sproloqui atonali dei suoi compagni Mantas e Abaddon altro non sono che uno dei tanti volti del bastardo spirito rock. Un gioco: cafone, fosco e sicuramente un po’ greve, ma anche viscerale, spassoso e sincero, zeppo com’è di ferinità hardcore e di sberleffo punk. E che va goduto per quel che è: senza entusiasmi da stadio, senza troppe analisi, e senza nemmeno farsi il segno di croce.

Tutto vero, ragionevole e perfino ovvio, di giorno. Ma la rastrelliera dei cd, proprio fra i Velvet Underground e Tom Verlaine, presenta un buco… Ed è in salotto, ben lontana dal mio letto. Meglio che “At War with Satan”, al calar delle tenebre, torni lì: non si sa mai.

 

Venom – “At War with Satan” (studio album)

Pubblicazione: 16 Aprile 1984 – Neat Records

Tracklist
  1. At War with Satan – 20:01
  2. Rip Ride – 3:08
  3. Genocide – 3:58
  4. Cry Wolf – 4:18
  5. Stand Up (And Be Counted) – 3:28
  6. Women Leather and Hell – 3:19
  7. Aaaaargghh – 2:21

Tutte le tracce sono composte da Bray/Dunn/Lant

Musicisti
  • Conrad Lant (Cronos): bass guitar, vocals
  • Jeffrey Dunn (Mantas): guitar
  • Tony Bray (Abaddon): drums

Un pensiero riguardo “Venom – “At War with Satan”

  1. La nota sulla musica che neppure capivi cosa fosse mi ha fatto sorridere.
    A me capitò con i Guns n’ Roses – era una musicassetta! Non erano certo il primo gruppo rock che ascoltavo, chiaro, ma il primo così carico di “rumore”. E calcola che all’epoca (terza media), tra le altre cose, facevo un grande abuso di Celine Dion. La sua roba la cantavo nella vasca, i Guns invece me li portavo in giro.
    Detto questo, con il rock, hard o meno che fosse, ho proseguito la conoscenza; ma subito dopo quel giorno della cassetta incomprensibile sono stata iniziata con Garage Inc., e ho saputo che avrei potuto pucciare il naso un po’ ovunque mi paresse, ma il metal era un’altra cosa ed era la mia cosa.

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