Dick Dale: cavalcando l’onda

Tre giorni fa, il 16 Marzo, è mancato Dick Dale, uno dei pionieri della chitarra Surf.

Pubblichiamo, in suo omaggio, un estratto a tema da “Il Grande Viaggio”

Cinema surf, feste surf, cultura surf, e sport surf: potrebbe mai non svilupparsi una “musica surf”? Sulle affollatissime piste dell’Orange County [1] – la più famosa in assoluto è il Rendezvous Ballroom di Balboa – iniziano a esibirsi gruppi di adolescenti, innamorati degli strumentali di Link Wray, dei Ventures e di Duane Eddy, e del loro stravagante sound. I pezzi che vanno per la maggiore sono quasi sempre cover di successo, come “Let there be drums” di Sandy Nelson, “Walk don’t run” dei Ventures, il vecchio shuffle “Honky tonk” di Bill Doggett, “Sitck shift” dei Duals, “Hideaway” di Freddie King, e “Guitar boogie shuffle” nella versione Virtues.

Il primo vagito del Surf Rock autoctono (e che nulla ha a che fare col Surf vocale dei Beach Boys) è stato individuato nello strumentale “Mr. Moto” (1961) dei Bel-Airs: brano storicamente importante, ispirato al flamenco, e con uno swingante interludio pianistico… Ma di tutt’altra pasta da quello che, a detta di tutti, è il “vero” Surf[2]: quello di Dick Dale.

Il Surf Rock di Dick Dale – ma ce n’è veramente un altro? – si presenta come un genere strumentale da ballo, su un tempo medio o rapido. L’organico surf è costituito da chitarra elettrica, batteria, e sax: il contrabbasso, ultimo retaggio della musica pre-war, esce definitivamente di scena, soppiantato dal basso elettrico Fender. Il sound è sovrastato dalla chitarra, cui sono applicati con foga maniacale effetti ed elaborazioni elettroniche, come il tremolo, il vibrato e il riverbero.

Dick Dale (1937-2019), nato a Boston come Richard Anthony Mansour, può vantare un albero genealogico molto variegato, che spazia fra il libanese, il polacco e il bielorusso, e che sembra fatto apposta per coniugare tradizione ed esotismo. È proprio lo zio libanese ad avvicinare il giovanissimo nipote alla musica, cui insegna in sequenza il tarabaki (una percussione mediorientale), la batteria, l’ukulele, la tromba, e la chitarra.

Dick – nel frattempo trasferito a Orange County, e diventato surfista – inizia a far esperimenti sul sound della sua sei corde: vuole a tutti i costi tirar fuori dallo strumento il suono che sente tuonare nella testa quando cavalca le onde. L’incontro con Leo Fender – il fondatore del mitico marchio di chitarre – e con il suo collaboratore Freddie Tavares regala a Dick il supporto ingegneristico che da sempre sogna: Dale chiede maggior potenza, e Fender progetta un amplificatore più capace; Dick pretende degli speaker adeguati, e di nuovo Fender lo accontenta… E così via, fino a raggiungere le prestazioni che Dale sogna da una vita.

Dick Dale, accompagnato da una band di comprimari, i Del-Tones, nel 1961 è intanto diventato l’ospite fisso del Rendezvous Ballroom, e grazie a esibizioni sopra le righe, dominate dal volume e dal sound della sua chitarra, garantisce sempre il pienone. Mancino naturale, suona lo strumento senza invertire l’accordatura, proprio come qualche anno dopo farà Jimi Hendrix: e suona veloce, rapido, con armonie che attingono alla musica araba con cui è cresciuto, e con uno “staccato” accentuato e tambureggiante, che inconsciamente evoca le suggestioni ritmiche derivate dal tarabaki.

Il suono è restituito attraverso un volume e una potenza per quei tempi stupefacente: Dale è il primo a spingere la manopola del volume fino a “10”, e a usare un amplificatore da 100 watt. Gli show al Rendezvous passano nella leggenda: una musica mai sentita prima, incredibilmente dinamica, affascinante ed energica, che trasforma la pista da ballo in una bolgia dantesca.

Il primo singolo di rilievo di Dale è “Let’so go trippin’” (1961), stampato in proprio per la Deltone Records, seguito da “Jungle fever” e “Surf beat”: nel ’62 esce il primo lp, “Surfers’ choice”, distribuito a livello nazionale dalla Capitol. Il brano simbolo di Dick Dale è la rivisitazione elettrica e “surf” di un classico della tradizione greca, “Misirlou[3] (1962), con un leggendario intro zeppo di riverbero e dal caratteristico e rapidissimo staccato su una corda sola, il cosiddetto “tremolo picking”.

I Del-Tones, popolarissimi nella natia California, faticano però a imporsi nel resto degli Stati Uniti: dopo un secondo album di buon successo, “King of the surf guitar” (1963), la fortuna commerciale di Dale inizia a declinare, fino a soccombere alla British Invasion. Dick si ritira nel ’65, gravemente malato e deluso dall’ambiente discografico: per ritrovare la notorietà internazionale dovrà attendere sino al 1994, quando Quentin Tarantino userà la sua “Misirlou” per i titoli di testa di “Pulp fiction”.

Il contributo di Dale all’evoluzione della musica moderna, a dispetto del modesto successo commerciale[4], è enorme: con lui la Surf Music è esplorata in tutte le possibili declinazioni, e portata al massimo livello di sofisticazione, creatività e popolarità. Non c’è chitarrista moderno – e non solo quelli di scuola californiana – che possa dirsi immune da Dale, e che non debba ringraziarlo per il lavoro sul sound, e per il tenace impegno a superare i vincoli tecnici della liuteria elettrica.

[1] La contea di Orange County si trova nella parte meridionale della California, chiusa a nord da Los Angeles e a sud da San Diego: col suo alto reddito procapite, e il suo clima da perenne estate, è uno dei simboli per antonomasia del benessere americano.
[2] Fra i gruppi pre-surf i più conosciuti troviamo The Revels: sono loro le famosissime “Church key” (1960) e “Comanche” (1961), guidate da chitarra elettrica e sax.
[3] Il termine “Misirlou” significa “donna egiziana”, la musa cui l’autore dedica la canzone. Il pezzo, molto antico, è inciso per la prima volta nel 1928 dall’artista greco Michalis Patrinos.
[4] Si pensi che “Surfers’ choice” – che a oggi ha superato i quattro milioni di pezzi – all’uscita vende a malapena 88.000 copie.

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