Estra – “Nordest Cowboys”

Com’è stato che hai perso l’anima?

Nato in mezzo al niente, onesto, bianco e rosa, ho campi, bar e nebbie con dentro un campanile“: e già, senza sapere altro, mi sento qui, nel mio Nord, ne respiro le goccioline di umidità, gli orizzonti strozzati dalla foschia, le luci delle osterie (che ora si chiamano bar) agli incroci, e l’orgoglio di “aver sempre fatto il mio dovere”. Ma quello cantato dagli Estra non è il “nordovest bardato di stelle” di Conte: è il Nordest della provincia veneta… Uno stato esistenziale, politico, intimo e universale assieme: tanto da poterne fare un paragone con una realtà apparentemente lontanissima, come il Texas.

L’ispirazione arriva dall’incontro degli Estra con il sound engineer Jim Wilson: “Lui veniva da un posto 〈il Texas〉 in cui tutti girano con la pistola, dove c’è il maggior numero di esecuzioni capitali, e il principale valore è l’arricchimento personale: una serie di tasselli di ipocrisia e conformismo che facevano parte integrante del Nord-Est, la terra in cui siamo cresciuti”. Ecco l’idea giusta: cantare di quei “califfi ignoranti e arrivisti” emersi, a forza di lavoro cieco e spallate, in una terra povera e contadina, profondamente cattolica, e che ora votano in massa Lega Nord. E’ il 1999 e siamo alla Lega di Bossi, beninteso: e a quel sindaco trevigiano (Giancarlo Gentilini) che gli Estra conoscono bene… E le cui esternazioni occorre riportare, non solo per polemica politica ma per capire l’humus culturale cui si riferisce la band : Gli extracomunitari bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile“; “Dobbiamo dire no a quelle razze canine straniere 〈sic〉 che non sono rispettose dell’ecoflora nostrana e del nostro ambiente”; “Qui a Treviso non c’è nessuna possibilità per culattoni o simili”. E via di questo passo.

Ciao ciao…

Ed ecco, allora, la metafora dei cowboy veneti: “Abbiamo faticato, siamo pochi e giusti e con la testa a posto: sindaco sindaco sindaco ci devi tutelare“. E, sullo sfondo, dietro la rabbia delle chitarre elettriche e della voce istrionica di Casale, l’ombra della Balena Bianca: quella DC che per decenni ha governato la regione, e che ora ha ceduto il passo a un brigata di sindaci-sceriffo che saranno sì “un’espressione culturale da rispettare”, ma in cui l’anarchico Casale non si può riconoscere. Anche perché Casale è tutt’altro che un tipo inquadrato: a meno di 10 anni legge “L’Apologia di Socrate” e “La Metamorfosi”, e frequenta Tenco, Endrigo e Vinicius de Moraes; al liceo ripudia le materie scientifiche “in quanto sapere ipotetico, continuamente smentito da nuove scoperte” e, per l’atteggiamento intransigente, si guadagna il soprannome di “Estremo”, che diventa la sua firma; a 19 anni rifiuta un ingaggio nella serie B di basket (e uno stipendio di 50 milioni di lire) perché “sarebbe dire si a una vita programmata”. Grande anima.

Musica, vuole solo fare musica: le performance degli Estra, già nei primi concerti, si concentrano su un sound scabro e senza mediazioni, e sulla vibrante teatralità di Estremo, leader dalla furiosa presenza scenica. Dopo un esordio schiacciato da una produzione troppo invadente, e un secondo episodio lucidamente energetico, si arriva a “Nordest Cowboys”: dove una maggior cura di orchestrazione (con tanto di marimba e vibrafono) non scalfisce una qualità di songwriting eccellente. E, con i cowboys, entra in scena anche il “Signor Jones”: “Scrivi di paranoia, della tua età, sei scappato dai vecchi e dai tuoi, dai corridoi e dalle trincee… Sgomento all’idea che sia tutto un gioco qua“.  Impossibile non pensare al “Mr. Jones” di Dylan: anche se diversa è la temperie morale e letteraria che sovrintende alle due canzoni, pure il signor Jones veneto è confuso, “sa che qualcosa sta capitando, ma non capisce cosa”. Ma allo smarrimento reagisce con l’ottusità, il conformismo e un crudo utilitarismo. E, a rimorchio, mi sovviene “Padania” degli Afterhours:  “Due ciminiere e un campo di neve fradicia, qui è dove sono nato e qui morirò … Lotti, tradisci, uccidi per ciò che meriti fino a che non ricordi più che cos’è …“. Un disorientamento esistenziale contaminato dal grigio, dall’egoismo e da una petulante ambizione.

Nel disco trovano spazio altre perle: la disillusa “Vorrei vedere voi”, la canzone d’amore alla Estra “Diversa e perversa”, la scura “Piombo e carbonio”, il lamento ecologista ante-litteram “Surriscaldando mia madre” (ma che brutto titolo però…), la minacciosa “Soffochi?”, il rock crepuscolare di “Vieni”. Da segnalare, inoltre, la presenza di Paolo Benvegnù e Michela Manfroi (degli Scisma) e, nella title-track, dello speaking torvo di Vinicio Capossela. Un gran disco, da riscoprire assolutamente: se non il migliore (il precedente “Alterazioni” è più verace), sicuramente il più equilibrato e maturo, che riesce a conciliare generale e personale, poesia e watt, meditazioni e urgenza espressiva.
Giulio Casale omaggia Gaber

Dopo, arriverà il passo falso di “Tunnel Supermarket”: e Giulio Casale, lasciata la band, inizierà una carriera da “poeta rock” a tutti gli effetti, fra reading letterari, la riproposizione integrale di “Polli d’allevamento” dell’amato Giorgio Gaber (e un libro-analisi) e una tournée-spettacolo su De Andrè.

A corollario dell’album consiglio l’EP “Signor Jones”: che, oltre ad alcuni remix, esibisce una lettura acustica particolarmente dolente della vecchia “L’uomo coi tagli”, una versione spoglia e acida della title-track (reintitolata “Il vino e la notte”), e due inediti assoluti: la ballata “Madeleine” e la punkeggiante “Dai recinti”.

Per quanto mi riguarda, nell’album c’è una canzone che mi perseguita: non sarà forse la più bella, ma se mi entra in testa sono capace di cantarla per una giornata intera. E’ “Drugo”: merito del ritmo martellante, della voce prometeica di Casale, e di un verso… “Drugo, ma chi è stato a fotterti l’anima?“: un’accusa che mi scava dentro, e che mi lascia sempre sgomento. E che riguarda me, sicuramente, ma anche questo nostro mondo: questo Texas padano che, a forza di rincorrere un miraggio, ha perso la strada, e se stesso.

Estra – “Nordest Cowboys” (studio album)

Pubblicazione: 13 Aprile 1999 – CGD/East West

Tracklist
  1. Signor Jones
  2. Nordest Cowboy
  3. Drugo
  4. Piombo e carbonio
  5. Vorrei vedere voi
  6. Soffochi?
  7. Broken Down
  8. Diversa e perversa
  9. Che vi piaccia o no
  10. Surriscaldando mia madre
  11. La parte
  12. Will You Be My Love
  13. Vieni

Tutte le tracce sono composte dagli Estra

Musicisti

Estra

  • Giulio “Estremo” Casale – voce e chitarra
  • Abe Salvadori – chitarra
  • Eddy Bassan – basso
  • Nicola Ghedin – batteria

Musicisti ospiti

  • Vinicio Capossela – chitarra, voce (2)
  • Paolo Benvegnù – ecorech, voce (10)
  • Michela Manfroi – pianoforte (2, 4, 5)
  • Jim Wilson – chitarra, synth, percussioni

9 pensieri riguardo “Estra – “Nordest Cowboys”

  1. Texas padano. Sì, mi torna.
    quella del sapere ipotetico, continuamente smentito da nuove scoperte è un po’ una minchiatona. Peccato, era partito bene 😛
    Con la battutona ah-ah-ah sui leprotti fa il paio questa: “Perché sprecare cinque euro per fare l’elemosina all’extracomunitario? Costa meno una cartuccia”.

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  2. Tanti si stupiscono quando vengono a sapere che noi, ragazzi della provincia piu’ meridionale d’Italia, andavamo pazzi per gli Estra 20 anni fa. Il nostro mondo era molto diverso dal “texas” degli estra, ma era confortante sapere che non era peggiore, anzi (meno male, non si spara nel nord, non si ruba nel nord-est, dove il lavoro stanca). Questo per dire, Giulio Casale patrimonio nazionale. Grazie per la bella recensione.

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