L’ultima luna: #1 – Luna crescente

Che fai tu, luna, in ciel?

Si sa, se n’è parlato, se ne parlerà: il 20 Luglio del ’69 – e, quindi, 50 anni fa belli giusti – l’uomo metteva piede sulla Luna. Poi chi lo sa, fra complottisti e ortodossi, chi ha davvero ragione: da un lato pensare che l’umanità abbia raggiunto una meta così impervia mi stupisce, dall’altra sospettare di un imbroglio tanto colossale mi diverte, e dall’altra ancora vedere coi propri occhi che la Luna, che ha fatto innamorare migliaia di persone, e ha ispirato centinaia di poeti, è un sasso brullo e polveroso… E’ un po’ una delusione, dai! A volte immaginare che, se gli spari un missile contro, puoi centrargli un occhio (Méliès docet), o che sia fatta di formaggio (“Wallace & Gromit”) è più divertente.

Comunque sia, vista la ricorrenza, vuoi mica che possa sfuggire l’occasione di una playlist a tema lunare? Canzoni con la parola “luna” nel titolo o nel testo ce ne sono milioni di milioni, come le stelle di Negroni: ho scelto quelle che, per vari motivi, ritengo più in sintonia col mio ascoltare e vivere la musica, e/o quelle che mi sono venute in mente per prime. Tanto di carne al fuoco ce n’è, sbaglierò sicuramente qualcosa, qualcosa starà fuori – e il primo illustre taglio riguarda “Luna” di Gianni Togni, che pure ha segnato un’estate – e qualcos’altro non piacerà a chi legge… Pazienza!

Il viaggio sarà articolato in 4 puntate (come le 4 fasi lunari, e che ad esse faranno, in modi spesso metaforici, riferimento) più una puntata finale, per ora a sorpresa, e che sarà ovviamente pubblicata il 20 Luglio.

Accendiamo i motori: si decolla.

Luna Crescente: troppo luminosa per i ladri, e troppo buia per gli amanti 

Secondo il pensiero esoterico, La Luna Crescente rafforza e nutre, aiuta a raccogliere energia, e favorisce la definizione di nuovi obiettivi. Nella simbologia è rappresentata dalla fanciulla, la donna giovane impulsiva e testarda pronta ad affrontare ogni sfida.

E, allora, il primo pezzo che propongo è di Claudio Rocchi. Dimenticato dai più, geniale quanto eccentrico, questo cantante-e-autore milanese attraversa gli anni Settanta come una cometa: e, come questi corpi celesti, forse porta la vita nel nostro pianeta musicale. Fondatore degli Stormy Six, li lascia quando questi sposano la causa di un combat folk d’avanguardia ma inevitabilmente chiuso in se stesso: Claudio, ai pugni alzati, preferisce Donovan, Nick Drake, e Syd Barrett. E, ovviamente, è processato dagli irriducibili della sinistra extraparlamentare per eccessivo sentimento borghese.

Rocchi è un autentico hippy: al Premio Tenco del 1974 riempie il palco di candele, e mentre suona lascia libero il suo cagnolino di gironzolare fra microfoni ed amplificatori; alla festa della FGCI del ’76 manda in onda il battito del cuore di suo figlio, non ancora nato. Nell’80 pubblica a sue spese un disco a favore degli Hare Krishna e, pur vendendone 2 milioni di copie, porta a porta, non si tiene manco una lira: diventato monaco, se ne va prima in Nepal (dove fonda la prima radio libera del paese), e poi torna in Italia, dove ci lascia per un brutto male.

La tua prima Luna“, estratta dal suo lp di debutto “Viaggio” (1970), è una dolcissima, serena e autentica testimonianza di quei tempi: una canzone in forma unica che, fra accordature aperte e progressioni folk, descrive – anzi, accompagna – il protagonista del racconto nella sua prima notte da “scappato di casa”.

Questa è la tua prima luna che vedi fuori di casa
sapendo di non ritornare”

E, mentre il mondo continua a girare, gli amici parlano di donne, e la polizia è di pattuglia, “capisci di colpo che il loro discorso è diverso dal tuo”.

La Luna come partecipe spettatore di una inevitabile scelta di vita, quindi: non come le stelle di “Io vagabondo”, che coccolano nel loro calore le serate dell’aspirante catto-hippy-comunista, e che – ne sono certo – hanno poi guidato il figliol prodigo a un pentito ritorno all’ovile, e a una fulgida carriera da yuppie; ma come la testimone commossa di un destino più incerto e fragile, perseguito più per estraneità al mondo che per conformismo politico.

Questa tirata gliela dovevo, a Rocchi: ma sulle prossime canzoni sarò un po’ meno prolisso. Luna crescente, dicevamo, come quella che favorisce i nuovi percorsi e le sfide… Ed eccoci, quindi, a Memphis, negli studi della Sun Records, in un’imprecisata data fra il 5 e il 19 Luglio 1954: pochi (?) giorni prima il cantante dilettante Elvis Presley, Scotty Moore e Bill Black hanno, quasi per scherzo, messo giù una strana versione del classico RNB “That’s All Right”, e ora sono alla ricerca della B side.  Bill propone lo standard bluegrass “Blue Moon of Kentucky“.

Blue moon of Kentucky keep on shining
Shine on the one that’s gone and left me blue

“Ci prendemmo una piccola pausa e poi lui cominciò a suonare il basso e cantare, scimmiottando Bill Monroe, in falsetto. Elvis si unì subito a lui, suonando e cantando. Alla fine il padrone della Sun, Sam Phillips, esclamò: «Ragazzi, va bene, va bene. Ora è una canzone pop!»”.

Il 19 Luglio “Blue Moon of Kentucky” e “That’s All Right” sono stampate su 45 giri, e vendono oltre ventimila copie nella sola Memphis: non male per un esordiente assoluto. La chiave del successo è in quel misto un po’ bastardo poi battezzato rockabilly: un rnb che suona come un country (“That’s All Right”), e un valzer country frullato con grinta rnb in uno scattante 4/4 (“Blue Moon of Kentucky”). Anche se alle nostre orecchie il bluegrass presleyizzato di “BMOK” può suonare un po’ leggero, così non è per il pubblico bianco del Sud: e porta il ragazzo di Tupelo su, su e ancora su, fino a trasformarlo in uno dei miti più tenaci e fortunati della pop music mondiale. Una vera luna crescente.

Ma non tutto ciò che è figlio della “fase crescente” è positivo e propizio… Il cambiamento preannunciato da una nuova falce di luna in cielo può anche essere nefasto, plumbeo e maligno, e condurre a una strada senza stelle e senza uscita.

Nick Drake è un bel ragazzo, alto, elegante, dalla distinzione ottocentesca: nonostante due album all’attivo di folk acustico, superbamente arrangiati, malinconici e praticamente perfetti, la sua fama stenta a decollare: colpa della sua leggendaria ritrosia (nessuna pubblicità, pochissimi e tribolati concerti) e di una esasperata sensibilità, che sconfina spesso nella depressione… Uno spleen profondo e autentico, che non tutti sono pronti ad abbracciare.

Pink Moon” è incisa nell’Ottobre ’71 in splendida solitudine. Due-minuti-due di pura perfezione: una melodia dolcissima, una voce dai toni delicati e femminili, una chitarra acustica e qualche accenno minimalista di pianoforte. Tutto parla il linguaggio dell’introspezione e dell’anima: anche il testo, tanto ermetico e ambiguo.

Saw it written and I saw it say
Pink moon is on its way
And none of you stand so tall
Pink moon gonna get ye all

Ma a quale “luna rosa” allude Drake? In Inghilterra, la luna piena d’aprile è chiamata “full pink moon” perché annuncia l’arrivo del fiore di muschio (pink moss flower), che arriva a ricoprire interi prati e valli di colore rosa. Ma la luna rosa, secondo la tradizione cinese, è quella che porta sciagure e disastri. Nella lieve e diafana poetica di Drake, non c’è differenza fra l’implacabile ambasciatrice della primavera, o l’ottusa messaggera di dolore: l’uomo, davanti all’ineluttabile, al mistero, non può che provare sgomento e impotenza… E mi viene in mente Melancholia, il pianeta del film di von Trier che, preannunciato da una lucina rossa nel cielo, arriva e, con l’indifferenza di una divinità lovecraftiana, spazza via la Terra e tutto ciò che contiene.

Dopo lo sweet lord inglese Nick e la sua quieta disperazione, ci precipitiamo nei bayou della Louisiana: perchè i Creedence di John Fogerty saranno sì della San Francisco Bay Area, ma nel loro sound il sentore delle paludi del Sud, della magia e del gumbo sono così forti da impregnare ogni microsolco e superare il puro fattore geografico. Grintosi, vitali e americani fino al midollo, riescono spesso a fuggire la spensieratezza da band di successo per disegnare quadri inquietanti, che con l’euforia yankee hanno poco a che spartire. “Bad Moon Rising” è uno di quei pezzi che, a sentire la musica, potresti tranquillamente definire come un country-rock ottimistico e on-the-road; ma il testo ci dice del sorgere di una luna cattiva, latrice di terremoti e fulmini, uragani e rovina, e lancia un anatema degno di un blues di Robert Johnson:

Hope you got your things together
Hope you are quite prepared to die
Looks like we’er in for nasty weather
One eye is taken for an eye

 

E chissà cosa sono, questi brutti tempi in arrivo… Una fantasia da B-movie horror? O, invece, un sotterraneo riferimento alla guerra del Vietnam? “Bad Moon Rising” fu una delle canzoni intonate a Berkeley proprio durante il “Bloody Thursday” del 1969, quando l’allora governatore della California, tal Ronald Reagan, ordinò alle truppe di sparare  sulla folla.

Sì, una luna cattiva sta sorgendo nella notte: una luna che si appresta a diventare di sangue.

Abbiamo parlato di:

Claudio Rocchi – “La tua prima luna” (Claudio Rocchi) – Tratto dall’album “Viaggio” (1970, Ariston)

Elvis Presley – “Blue Moon of Kentucky” (Bill Monroe) – Tratto dal 45 giri “That’s All Right” (1954, Sun Records)

Nick Drake – “Pink Moon” (Nick Drake) – Tratto dall’album “Pink Moon” (1972, Island Records)

Creedence Clearwater Revival – “Bad Moon Rising” (John Fogerty) – Tratto dall’album “Green River” (1969, Fantasy Records)

 

Se sei interessato al tema “Cinema & Luna”, dai un’occhiata al blog degli amici de L’Ultimo Spettacolo, nella sezione “Fly Me to the Moon”!

Il nostro viaggio fra canzoni e fasi lunari, invece, continua nella prossima puntata.

3 pensieri riguardo “L’ultima luna: #1 – Luna crescente

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